Da paese produttore ed esportatore di prodotti ortofrutticoli a importatore il passo è lungo. Eppure, dalle colonne del quotidiano torinese “La Stampa”, che ha fatto una serie di rilevamenti al Caat, il mercato ortofrutticolo torinese che movimenta 6 milioni di quintali di ortofrutta all’anno, una corposa inchiesta svela come l’Italia agricola stia cambiando radicalmente pelle. Un esempio? Il 60% degli agrumi consumati nel Nord-Ovest arriva dall’estero, nonostante l’Italia sia una tra i primi produttori europei; discorso analogo per le patate, provenienti da Olanda Israele o Marocco per il 42% dei casi e per le fragole, che giungono per un 38% da Spagna, Egitto, Marocco, Belgio e Olanda.
Secondo “La Stampa” gli ortofrutticoli d’importazione gareggiano con i prodotti nazionali anche sul prezzo, spesso spuntando una quotazione minore. È il caso delle pesche spagnole, vendute allo stesso prezzo di quelle romagnole (il 28,8% delle pesche vendute nel Nord-Ovest proviene, infatti, da Spagna, Egitto e Argentina), oppure delle fragole olandesi, più convenienti di quelle piemontesi (8,10 euro/kg contro 9,50). Le cause di questa disparità tariffaria vanno ricercate in un diverso costo del lavoro e nella differente dimensione media delle aziende agricole, entrambi fattori che vedono l’Italia in difficoltà rispetto al Nord Africa, ma anche nei confronti degli altri paesi dell’Europa del Sud.(db)
Straniero è meglio
La Stampa dedica una pagina ai consumi ortofrutticoli nel Nord-Ovest svelando come i prodotti provenienti da oltreconfine stiano soppiantando quelli nazionali
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