A Verona l’export è calato del 20%, il mercato interno ha retto bene, in picchiata le pochissime aziende specializzate nel rifornimento delle mense e del catering. Quasi bene. Ma al Centro agroalimentare veneto guardano con attenzione e ansia al settore turistico. Se a giugno le strutture ricettive e delle ristorazione della città, del lago, delle colline e della montagna non riapriranno ci sarà una perdita consistente per gli operatori ortofrutticoli veronesi.
Il direttore Paolo Merci spiega i numeri del Centro agroalimentare durante il lockdown
La fotografia del Centro agroalimentare ai tempi del coronavirus è stata scattata per myfruit.it dal direttore Paolo Merci che resta prudente sul futuro, ma sottolinea: “Non abbiamo mai chiuso e abbiamo assicurato il servizio di approvvigionamento e distribuzione di beni e servizi essenziali”. Sempre al lavoro.
Il calo si registra nell’export: una caduta del 20% ma regge e compensa il mercato interno
Il problema più rilevante per gli operatori di Verona sono gli scambi con l’estero: “C’è stata una battuta d’arresto per l’export, abbiamo rilevato una contrazione del 20%. I nostri mercati principali sono Austria, Germania e i paesi nordici”. Sul dato incidono i problemi al Brennero: ”Nei primi tempi si sono registrate difficoltà con gli autisti che avevano paura di non poter tornare indietro. I trasporti hanno subito una contrazione e quando si fermano o rallentano il fenomeno si ribalta su tutto il sistema. Senza dimenticare le chiusure anche nei paesi esteri”.
Crollato il mercato di mense, ristorazione e catering
Un altro calo evidenziato, ma non preoccupante nei numeri complessivi del sistema è quello relativo alle aziende super specializzate nel catering: “Sono tre quelle che rifornivano mense, alberghi, ristorazione – spiega il direttore Paolo Merci – e hanno visto crollare il loro mercato, fino al 80%. Un calo anche per chi nel mercato lavora con gli ambulanti”.
Tengono bene i negozi, i supermercati e la Gdo
Nell’economia generale del Centro agroalimentare regge bene il core business ovvero il mercato interno. “Vale un 60% ed è aumentato, anche se non ho ancora i dati. Quello che si è perso con gli ambulanti, per esempio, si è compensato con i numeri importanti dei negozi e dei fruttivendoli”. Bene anche la Gdo, ma: “Ha caricato tanto nelle prime settimane, poi c’è stata una flessione, poi ha ripreso. Un movimento a fasi alterne, ma il settore tiene”.
Sui prezzi: “Nessuna speculazione al Centro agroalimentare”
Per quanto riguarda i prezzi la dichiarazione del direttore è senza se e senza ma: “L’andamento è stato condizionato dai volumi. Le fragole e gli asparagi costavano molto, poi con maggior prodotto i prezzi sono calati. Lo stesso discorso per cavoli e broccoli, ma possiamo tranquillamente affermare che fenomeni speculativi all’ingrosso non ce ne sono stati”.
La vera paura arriva dalle prospettive negative per il turismo urbano, montano e del lago
La pandemia ha mutato l’attività e modificato il mix di vendite del Centro agroalimentare , ma il vero rischio per gli operatori veronesi arriva ora. “Lo abbiamo visto con il 25 aprile e il 1 maggio dove abbiamo registrato le prime difficoltà. Se la città, il lago, la montagna e le colline saranno frequentati dai turisti, nelle prossime settimane o da giugno, vuol dire che le cose si saranno rimesse a posto, nonostante i sacrifici. Ma se il fenomeno delle chiusure e il freno al turismo perdura dovremmo fare dei conti”. L’ortofrutta spera in una flessione non troppo alta del mondo delle vacanze.