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Caat Torino, il calo delle presenze vale una riflessione

Mercati. Confronto tra Torino e Genova sull'orario diurno
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Autore Redazione

Il direttore Gianluca Meglio sulla crisi dell’ambulantato e il ruolo futuro dei centri agroalimentari nazionali

Il Caat – Centro agroalimentare di Torino (84 operatori all’ingrosso, oltre 120 aziende di produzione, numerose attività di servizi) continua a garantire la propria operatività, anche in piena emergenza Covid-19. Il direttore generale Gianluca Cornelio Meglio spiega: “Ciascuno di noi, nell’ambito delle proprie competenze e in virtù degli obblighi vigenti, ha adottato misure idonee a ridurre il rischio di contagio, contrastando gli assembramenti e mantenendo un ambiente sicuro al transito dei prodotti che giornalmente giungono sulle nostre tavole. A questo si aggiunge l’azione dell’Ente Gestore che ha predisposto un piano di interventi settimanali di igienizzazione e sanificazione e la donazione di mascherine filtranti a uso civile in favore dell’Associazione dei grossisti e della categoria dei movimentatori”.

“Nonostante le misure intraprese, però, in questi giorni registriamo un calo delle presenze quotidiane all’interno del Centro – continua Gianluca Meglio -.  Calo riconducibile, in prima battuta, alle limitazioni dei Mercati rionali assunte dai Comuni. Sebbene alcuni Centri agroalimentari sostengano di registrare dati incoraggianti in materia di scambi commerciali, frutto di una nuova domanda spinta in prevalenza dalla distribuzione organizzata e, nonostante questo trend trovi conferma da parte di alcuni operatori del Caat, il drastico calo delle presenze quotidiane impone una riflessione. E’ evidente che i centri agroalimentari continuino a rivolgersi in modo prevalente alla categoria dell’ambulantato; non appena quest’anello della filiera è entrato in crisi, i riflessi si sono subito trasferiti nell’ambito dei Centri, mettendone a nudo le proprie fragilità. Forse ora è il momento di una valutazione congiunta tra tutte le anime che ruotano all’interno dei centri agroalimentari, per ripensarne ruolo e organizzazione”.

Secondo Meglio, una volta cessata questa emergenza, i centri agroalimentari dovrebbero assurgere ad ambasciatori della produzione nazionale, garantendo trasparenza nella formazione dei prezzi, anche a tutela delle produzioni territoriali, contrastando a livello sistemico pratiche commerciali che in passato hanno concorso a offuscare, in alcuni casi, l’immagine della categoria dei grossisti. “Andrebbe anche fatta una valutazione sull’attuale modello di funzionamento e sugli orari dei centri agroalimentari italiani, che, fatto salvo quello di Roma, operano prevalentemente in orari notturni. Per esempio, il Centro di Torino apre le contrattazioni alle ore 3:30 per chiuderle alle 10:30 del mattino; eppure, negli ultimi anni abbiamo assistito a un rapido cambiamento nel sistema di approvvigionamento, che passa dalla modifica dei nuclei familiari e dei relativi consumi. Nonostante siano travolti da queste trasformazioni, i diversi attori, che alimentano i Mercati, continuano a rimanere sordi al cambiamento, restando ancorati a un retaggio culturale che risponde ad un ciclo economico e distributivo profondamente mutato”.

Da emergenza a opportunità

“Ecco allora la grande opportunità che ci viene offerta oggi, malgrado il gravoso prezzo che stiamo pagando a livello Paese, sia in termini di vite umane che economici – continua il dg del Caat -. I centri agroalimentari hanno avuto la possibilità di misurare in concreto la sostenibilità del proprio sistema organizzativo nel momento in cui una componente importante, come quella degli ambulanti, è entrata in crisi. Qualcuno potrebbe muovere una critica di poca sensibilità nei confronti di questa categoria; a ciò rispondo che è invece il profondo rispetto per il loro ruolo e per la loro professionalità che mi porta ad auspicare l’apertura per una riflessione su tali tematiche connessa. Oggi più che mai le nostre certezze vacillano, ma ciò che resta chiaro è che noi siamo gli artefici del nostro futuro; pertanto è nostro dovere attivarci per innovare ed abbracciare il cambiamento, invece di subirlo e rimanere ancorati alle tradizioni, sperimentando nuove possibili soluzioni con l’obiettivo di rendere certe professioni attrattive per le nuove generazioni, favorendo quel passaggio generazionale che, in taluni casi, oggi viene ad essere compromesso. E allora approfittiamo di questo momento, in cui il tempo è sospeso, per concederci una pausa di riflessione e – conclude – per un’auto-analisi a favore della filiera”.

 

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