Con 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti oggi a Strasburgo è stata bocciata la richiesta di rigetto della Nature restoration law, la legge che mira a ripristinare il 20% delle aree terrestri e marine dell’Unione europea entro il 2030.
Ora l’iter per arrivare all’applicazione della legge proseguirà in autunno, ma va precisato che rispetto al primo impianto la proposta ha subito numerose modifiche dovute al recepimento di diversi emendamenti. Tra questi sono stati accolti quelli che chiedevano di escludere il settore agricolo dal ripristino della biodiversità.
Che cosa comporta la legge
In sintesi, la legge impone agli stati membri di ripristinare il 20% delle aree terrestri e marine in modo da fermare la perdita di biodiversità entro il 2030 e successivamente estendere lo stesso concetto a tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Inoltre la legge esprime la volontà di ridurre l’impiego di pesticidi chimici del 50% entro il 2030, aumentare le aree protette, incrementare gli sforzi per salvare gli impollinatori, ma anche di garantire nessuna perdita di spazi verdi urbani entro il 2030 e programmarne un aumento del 5% entro il 2050.
E’ inoltre previsto un minimo del 10% di copertura arborea in ogni città, la riumidificazione delle torbiere prosciugate, l’aumento della biodiversità nei terreni agricoli, il ripristino degli habitat nei fondali marini e la rimozione delle barriere fluviali per liberare 25mila chilometri di fiumi in modo da prevenire disastri durante le alluvioni.
Al fine di centrare questi obiettivi, ogni stato membro dovrà disporre di un piano nazionale di ripristino con una precisa rendicontazione di quanto fatto. Si stima che gli investimenti per il recupero dell’ambiente, per ogni euro speso, porteranno fra gli otto e i 38 euro in benefici.
I favorevoli e i detrattori
Da sempre si erano detti favorevoli all’entrata in vigore della legge buona parte degli europarlamentari, le associazioni ambientaliste d’Europa, i giovani dei movimenti verdi (Greta Thunberg in primis), ma anche seimila scienziati europei, numerosi accademici e oltre un milione di cittadini che hanno firmato un appello per il sì. A loro avviso la Nature restoration law è un passaggio cruciale per rendere lo European Green Deal qualcosa di concreto.
“Sono stati ascoltati i cittadini e la scienza”, ha dichiarato il Wwf, mentre la Lipu (Lega italiana protezione uccelli) ha parlato di “Un miracolo, l’umanità rinsavisce e comprende l’importanza della natura”. “Senza natura non c’è futuro”, ha ribadito Greta Thunberg.
Contrari alla legge erano invece diversi esponenti delle destre europee e del Ppe (Partito popolare europeo), per i quali, con la legge sul ripristino della biodiversità, si rischia di ledere gli interessi del mondo dell’agricoltura, della pesca e dell’agroalimentare.
“Siamo delusi dall’esito del voto, temiamo che questa legge sia controproducente e abbia conseguenze sociali ed economiche significative”, hanno commentato i portavoce del gruppo del Ppe.
L’Italia in un voto precedente aveva espresso parere sfavorevole, un’idea sostenuta da diverse associazioni di categoria tra cui Coldiretti e Copa Cogeca.
De Castro: “Il settore agricolo escluso dalla nuova legge”
“L’approvazione della posizione del Parlamento europeo sulla proposta di legge sul ripristino della natura, dimostra ancora una volta come le forzature politiche, le spaccature interne al Parlamento europeo non portano mai a passi in avanti significativi – ha commentato Paolo De Castro, membro della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo – Al contrario, la discussione sui temi ha portato a risultati davvero positivi per il settore agricolo, con la cancellazione dell’articolo 9 sul ripristino degli ecosistemi agricoli, che di fatto esclude i nostri agricoltori dall’ambito di applicazione della nuova legge”.
Coldiretti: “No a posizioni ideologiche”
“La tutela dell’ambiente e la perdita di biodiversità – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – si combattono non con posizioni ideologiche, togliendo terreni produttivi dalla disponibilità degli agricoltori, o vietando interventi su decine di migliaia di chilometri di percorsi fluviali, ma favorendo lo sviluppo della multifunzionalità e opponendosi all’omologazione e alla standardizzazione delle produzioni. Ripristinare gli ecosistemi in cattive condizioni è un obiettivo che può certamente accomunare tutti i portatori di interesse coinvolti e per il quale è necessaria un’azione coordinata, ma occorre ora che la Commissione europea valuti a fondo gli effetti collaterali della sua proposta, che andrebbe pesantemente a minare la sovranità alimentare nazionale ed europea in un momento di grandi tensioni internazionali e rischia di alimentare inflazione e dipendenza dall’estero”.
Cia: “Partita critica”
“Preoccupano ancora alcuni vuoti normativi, i troppi ostacoli burocratici posti ai singoli Paesi e le rinviate disposizioni sul finanziamento, ma prendiamo atto dell’attenzione da parte del Parlamento Ue alle istanze dell’agricoltura, escludendola, con la cancellazione dell’articolo 9, dall’applicazione della legge sul ripristino della natura – ha riferito il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini – L’attenzione di Cia resta alta, dunque, su una partita critica se non governata dal principio cardine di un’agricoltura al centro della transizione ecologica e, quindi, protagonista e non penalizzata dagli obiettivi per la sostenibilità, valorizzata nel suo ruolo strategico per il benessere degli ecosistemi, a salvaguardia dell’ambiente e a tutela del suolo. Sotto i riflettori di Cia l’accantonamento del 10% per il ripristino della natura, non più vincolante per ogni singolo Stato membro, ma collettivo per l’Europa e l’istituzione del fondo per l’attuazione delle misure perché non ricada, alla fine, sui singoli Paesi e i suoi comparti chiave. Non meno rilevante, infatti, è la valutazione d’impatto che vede l’Italia quinto Paese contribuente con un impegno di spesa pari a 261 milioni di euro, rispetto alla Francia, al primo posto con circa due miliardi”.
Copagri: “La tutela della biodiversità non può prescindere dall’agricoltura”
“Pur condividendo pienamente gli obiettivi alla base della normativa comunitaria per la tutela della biodiversità, che mirano fra l’altro a invertire il preoccupante calo delle popolazioni di impollinatori, che come noto sono degli indicatori naturali dell’inquinamento ambientale e dai quali dipende gran parte delle produzioni agricole, non possiamo mancare di ricordare i possibili rischi legati all’impatto di un simile provvedimento sull’agricoltura e, in particolare, sulle superfici agricole, dalle quali la tutela della biodiversità non può assolutamente prescindere – ha sottolineato il presidente di Copagri Tommaso Battista – Guardiamo quindi con favore alla cancellazione dell’articolo 9 del testo, tra quelli di maggiore interesse per il comparto primario in quanto prevedeva il ripristino degli ecosistemi agricoli, con cui sembrerebbe si vada di fatto a escludere i produttori agricoli dall’ambito di applicazione del testo”.