E’ un coro unanime quello che si leva dal mondo imprenditoriale: se non verrà messo un tetto ai rincari di luce e gas, e se non ci saranno provvedimenti efficaci, le filiere saranno costrette a fermarsi.Il che, soprattutto quando si tratta di agroalimentare, è un problema che coinvolge la collettività: “Tutti i comparti sono importanti, ma se a fermarsi fosse la nostra filiera, che nel complesso vale 570 miliardi di fatturato e impiega quattro milioni di dipendenti, la situazione diventerebbe davvero critica – ha riassunto Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, la sigla associativa nata nel 2017 che riunisce attori del mondo agricolo e agroalimentare del Paese – Con un prezzo del gas così alto, che obbliga numerosi operatori di settore a lavorare in perdita per garantire comunque la continuità degli approvvigionamenti, tutto il comparto agroalimentare potrebbe seriamente andare incontro a un brusco stop”.
Lo scenario
Credito di imposta, cassa integrazione, aliquote
Inoltre, con buone probabilità, saranno prorogati gli sconti sui carburanti in scadenza il 20 settembre, mentre ci sono dubbi sulla possibilità di un intervento per la cassa integrazione a favore dei lavoratori delle imprese costrette a fermare o a ridurre la produzione a causa del caro energia.
I commenti del mondo ortofrutta
I rincari energetici naturalmente pesano anche sul comparto ortofrutticolo. Secondo quanto dichiarato da Anicav, l’Associazione degli industriali di conserve di pomodoro, la campagna attualmente in corso starebbe subendo pesanti conseguenze: il costo del gasolio ha fatto lievitare i costi logistici e di trasporto, i rincari esponenziali del gas metano, che si stima superino il 1.000%, stanno creando gravi problemi negli stabilimenti.
“E’ assolutamente necessario un intervento a tutela delle imprese da questa pericolosa deriva che presenta una evidente componente speculativa – ha dichiarato Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav – Bene il credito d’imposta, ma non è sufficiente. Pur consapevoli che questa sarebbe stata una campagna difficile, non immaginavamo di arrivare a queste proporzioni. Le nostre produzioni si concentrano in 45-60 giorni e questi aumenti così repentini hanno un’influenza specifica non programmabile nella stagionalità breve che ci contraddistingue. Questa situazione è impossibile da sostenere soprattutto se si considerano le evidenti difficoltà che avremo nel trasferire questi aumenti alla grande distribuzione”.
“Questa situazione – ha aggiunto il presidente Marco Serafini – rischia di mettere in discussione il prosieguo della campagna di trasformazione con le imprese che, non riuscendo a far fronte ai rincari, saranno costrette a rallentare la produzione o addirittura chiudere gli impianti con ripercussioni importanti sull’occupazione e sul mondo agricolo. Raddoppio del credito d’imposta e proroga dei termini di utilizzo, sospensione del sistema Ets (Emission trading scheme, il sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea, ndr) e dilazione dei pagamenti con interessi agevolati rappresentano soluzioni che, nell’immediato, potrebbero aiutarci a superare questo momento critico, anche a salvaguardia e beneficio dei consumatori finali”.
“Si poteva fare di più per gestire questa situazione? – ha domandato, su Linkedin, Stanislao Fabbrino, presidente e Ad di Fruttagel – Credetemi la risposta è sì, anche perché non si è fatto praticamente nulla anche dal governo Draghi. Per le imprese non esiste che una soluzione per sopravvivere: aumentare ancora i prezzi di vendita, ma fino a quando tutto ciò non avrà impatto sui consumi?”.
“L’industria sopporta aumenti abnormi su tutte le componenti del conto economico, e non riesce a scaricarne a valle neanche un quarto, in certi casi neanche un quinto – ha risposto Andrea Liboa, sales manager Gdo di Euro Company – La distribuzione non è messa meglio, incastrata tra margini sempre più sottili, esigenze di competitività sui prezzi di piazza e di convenienza per i clienti finali. Il consumatore ha un potere d’acquisto in caduta libera, con stipendi fondamentalmente inchiodati e costo della vita che aumenta esponenzialmente e che in molti casi è totalmente incomprimibile. L’unico modo di risolvere questo stallo è una politica energetica/fiscale/regolatoria che intervenga adesso”.
I commenti del mondo politico
Carlo Calenda, a capo di Azione, ha commentato su Twitter: “Siamo in emergenza nazionale, servono dieci miliardi per le imprese, sganciamento rinnovabili dal gas e 30 miliardi sulle famiglie. Le forze politiche sospendano la campagna elettorale e si dichiarino pronte a supportare il piano del governo, rigassificatore incluso, e un eventuale scostamento di bilancio”.
Matteo Salvini, segretario della Lega, ha concordato: “Una pax elettorale per portare il governo Draghi a prendere misure urgenti contro il caro-bollette. Abbiamo quantificato in 30 miliardi l’intervento urgente e necessario per bloccare adesso gli aumenti delle bollette di luce e gas senza incorrere in sanzioni europee”.
Enrico Letta, segretario del Pd, ha sottolineato: “Le iniziative che prenderà il governo Draghi siano le più determinate e tempestive sia a livello nazionale che a livello europeo. Troveranno il nostro sostegno”. Ma un tavolo di confronto, al momento, non è programmato.
Il sole è la soluzione?
Secondo gli gli analisti di EnergRed, Energy service company impegnata nel sostenere la transizione energetica delle piccole e medie imprese italiane, la soluzione è il solare, il quale può garantire anche alle aziende più piccole autoconsumi con prezzi intorno ai 170 euro a megawatt/ora.
“Purtroppo – ha sintetizzato il Ceo Moreno Scarchini – in Italia la produzione da fonte fotovoltaica ha ancora un peso troppo basso. I dati Terna parlano di un 40% di energia da fonti rinnovabili di cui solo un quarto dal solare e dunque invece di sfruttare l’aumento delle ore di irraggiamento annue ci esponiamo ai rischi derivanti dal cambiamento climatico che si riflettono sui venti e sulla disponibilità di risorsa idrica”.