La Società Canova del gruppo Apofruit, realtà operante nel settore biologico a livello europeo, ha lanciato durante Fruit Logistica 2019 il marchio Verdèa dedicato alla produzione biodinamica.
Prima di entrare nel merito del progetto, è doveroso un breve richiamo al metodo biodinamico. Fondato nel 1924 dall’austriaco Rudolf Steiner, si tratta di un sistema produttivo “vicino” a quello biologico, ma che mette al centro la visione olistica dell’azienda agricola. In pratica, secondo i dettami dell’agricoltura biodinamica, un ruolo centrale è rivestito dalla fertilità del terreno – dunque dal contenuto di sostanza organica e di humus – e dagli eventi climatici e meteorologici.
Sebbene sia più vaga a livello di normativa rispetto all’agricoltura biologica, oggi la produzione biodinamica è oggetto di investimenti in termini di ricerca e di sperimentazione. In altre parole, non si tratta – come erroneamente alcuni pensano – di esoterismo, ma di una visione diversa dell’agricoltura, di una diramazione della agricoltura biologica che pone al centro l’azienda agricola come unità circolare.
Verdèa, ha spiegato Ernesto Fornari, direttore di Canova, è la sintesi di un percorso iniziato da tempo con i produttori biologici del Gruppo Apofruit. «Oggi – ha proseguito il direttore – con l’obiettivo di fornire alla produzione indirizzi in grado di creare valore, vogliamo estenderlo anche a futuri partner».
In effetti, il potenziale del biodinamico, in Italia, c’è. Sono 400, a oggi, le aziende certificate da Demeter, il marchio collettivo del settore biodinamico più importante al mondo, per un totale di 12mila ettari di SAU (Superficie Agricola Utilizzata). E sono più di 4500 quelle ancora non certificate, ma che praticano agricoltura biodinamica.
«Il progetto nasce da una richiesta precisa dei soci – ha puntualizzato Paolo Pari, direttore marketing di Canova -. Apofruit da sempre promuove tecniche di agricoltura ecompatibili: siamo partiti con l’agricoltura integrata, per poi proseguire con l’agricoltura biologica. Ora è la volta delle produzioni biodinamiche. Il fine ultimo è la valorizzazione del prodotto».
Entrando nel merito, Verdèa è un marchio di certificazione, non un marchio commerciale. Più che un logo, un sistema, tanto che si si basa su un contratto di rete fra le imprese e funzionerà grazie al supporto di un Comitato di Gestione del Disciplinare di Produzione e di un Comitato di Certificazione formato da tecnici esperti.
Massimiliano Laghi, responsabile tecnico di Apofruit, ha spiegato: «Si tratta di un progetto improntato sulla semplicità e sulla concretezza. I partner del progetto dovranno aderire allo standard elaborato dal comitato tecnico-scientifico; le verifiche saranno a carico di un Ente terzo (al momento ancora non noto), ma sarà possibile la verifica partecipata». Il che significa che non si vuole controllare il controllore, ma si vuole solo dare maggiore garanzia e maggior coinvolgimento delle parti interessate, in altre parole si vuole promuovere il controllo dal basso. «Sull’applicazione dello standard – ha concluso Laghi – saremo integralisti».
Quanto alle aziende coinvolte, per ora si tratta di produttori e grandi gruppi soci di Apofruit che fin dagli anni Settanta hanno abbracciato l’agricoltura biologica, ma il progetto è aperto anche ad altri produttori. Per poter essere ammessi, la condicio sine qua none è che siano produttori già certificati secondo il Regolamento 834/2007. «Siamo nell’ambito della autocertificazione – ha concluso Pari -. occorre quindi essere estremamente credibili».I primi prodotti recanti il marchio Verdèa dovrebbero essere disponibili sul mercato già dalla prossima primavera-estate.
Nella foto, da sinistra:Paolo Pari, direttore marketing di Canova, Ernesto Fornari, Direttore di Canova, Massimiliano Laghi, Responsabile tecnico di Apofruit.