«Abbiamo 15 punti vendita ad oggi e il sedicesimo apre questo fine settimana”. Corre il bio, sotto ogni punto vista, come è emerso anche dall’ultimo rapporto del Sinab (vedi qui), e con esso anche il canale specializzato. Un esempio? Bio c’ Bon. Francesi, sbarcati in Italia nel 2014, nonostante la concorrenza sempre più agguerrita della Gdo tradizionale anche nel bio, continuano ad aprire punti vendita. Per ora solo a Milano (uno a Busto Arsizio), ma “l’obiettivo, un po’ come in Francia, è quello di espandersi altrove”.
Federica Sanvito, giovanissima come la maggior parte dei dipendenti di Bio c’ Bon, è il buyer e category manager dedicato all’ortofrutta per tutti i negozi dell’insegna. Ci accoglie negli uffici del punto vendita di viale Piave a Milano, il secondo negozio aperto in ordine di tempo e che funge un po’ da quartier generale.
«L’ortofrutta è il fulcro dei nostri negozi perché è il reparto che in uno specializzato biologico risulta trainante: i clienti si aspettano di trovare qui frutta e verdura eccellenti, anzi, alcuni vengono da noi soprattutto per questo.
Tutta l’ortofrutta arriva prima nella piattaforma logistica di Novara dai fornitori, siano essi grossisti o direttamente i produttori. «Qui viene controllata e non arriva in negozio se non supera il primo ceck – continua Sanvito -. Poi viene ricontrollata da tutti i direttori di negozio che sono responsabili della qualità dell’ortofrutta, di conseguenza quello che alla fine viene esposto è super controllato».
Prezzi? Accessibili e confronto continuo con la Gdo
Una delle caratteristiche che contraddistingue la filosofia di questi negozi sin dall’apertura è quella di voler avere dei prezzi “accessibili”. È ancora così?
«Sì, cerchiamo sempre di essere aggressivi. il nostro benchmark è il leader di mercato a Milano e se possibile addirittura ci confrontiamo con il convenzionale e non solo con il biologico”.
Una via di mezzo, quindi: meno cari del bio che si trova in Gdo, poco più cari del convenzionale. «Il punto è che non vogliamo avere l’immagine di una insegna costosa solo perché biologica. Non è così».
Sul fronte e-commerce preferiscono non rispondere, anche se le consegne a domicilio le fanno. «Ma noi crediamo di più nel cliente che viene qui a fare la spesa» ci dice questa volta Marina Alessi, creativity manager recita il bigliettino da visita: si occupa di comunicazione nel punto vendita, allestimento dei negozi, social. «Comunichiamo molto nel punto vendita e lavoriamo molto per dare consigli nei reparti, anche in quello ortofrutta naturalmente. Ad esempio, ora inizia la stagione delle zucche quindi diamo consigli su come cucinarla. Oppure con i nostri cestini misti (da 10, 8 e 5 euro) cerchiamo di suggerire delle ricette e dare qualcosa in più». Non mancano le degustazioni, ogni sabato, sempre anche di frutta o verdura, che diventano fondamentali in occasione delle nuove aperture, come la prossima in via Bergamo questo 23 settembre, sempre a Milano.
Molto richiesto l’esotico, ma le sorprese si chiamano Kaki e Uva senza semi
Stagionalità, Km 0 il più possibile – «l’esotico arriva dall’Olanda, perché sono i più bravi nella gestione del prodotto di qualità, ma mango o avocado possono arrivare anche dalla Sicilia, quando ci sono» – grande attenzione alle referenze più originali che qui devono esserci tassativamente. «Zenzero e curcuma sfusi li teniamo da sempre e quindi non dobbiamo più investire in comunicazione, i nostri clienti sanno che ci sono e sanno come si cucinano». Su altri prodotti, invece, bisogna investire con informazioni ad hoc, ricette ad esempio o informazioni su come consumarli una volta giunti a casa, come ad esempio nel caso della melagrana o del fico d’India.
I prodotti più richiesti? «Avocado, solo hass, e banane son due best-seller che ordiniamo a occhi chiusi. Mentre con altri prodotti può capitare di rimanere stupiti da picchi di vendite non previsti». Qualche esempio? «I kaki l’anno scorso o quest’anno l’uva senza semi, che ora teniamo di più varietà. Seguiamo i trend di mercato, come ad esempio la patata dolce o la frutta secca a guscio, venduta sfusa nel reparto ortofrutta, con prodotti come le noci Sorrento, le mandorle siciliane e le nocciole del Piemonte».
Sempre più spazio a IV gamma e piatti pronti freschi
Uno degli spazi diventato sempre più strategico con il passare del tempo è anche qui quello riservato alla IV gamma e ai piatti pronti freschi: «Anche un po’ malincuore – confessa Sanvito – perché preferiremmo vendere più cespi di insalata, è più nella filosofia Bio c’ Bon, fa più mercato, ma non possiamo non avere questi prodotti. Anzi, stiamo aumentando le referenze presenti. Abbiamo sia i prodotti classici come valeriana, lattughino o spinacino, sia mix con i fiori, oppure il pinzimonio e le ciotole da pausa pranzo (due fornitori, Ortobellina e Barduca)». Il successo per i burger vegetali (qui Zerbinati e Granarolo) : «anzi vorremmo più referenze» e le zuppe «abbiamo inserito quella con il kamut quest’estate ed ha avuto un grande successo, quindi prevediamo che andrà bene anche d’inverno”.
L’incidenza dell’ortofrutta rispetto al fatturato complessivo è di circa il 25% di media. Il target? Dipende dalla zona, ma in linea generale molte delle descrizioni che emergono dai tanti studi di settore sul cliente tipo che acquista bio vengono confermate anche qui, comprese le ultime che intrecciano gusti e richieste di chi compra anche prodotti veg e freefrom. «Chi viene da noi vuole essere aggiornato anche su questo tipo di tendenze – conclude Sanvito -. Si aspettano questo da noi, innovazione. Ed è quello che cerchiamo».