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Vendite condizionate dal clima ma la fragola Candonga soffre meno

L’opinione di Piero Turroni di Apofruit

L’incertezza del clima è l’argomento che, nel momento in cui scriviamo, circa a metà aprile, condiziona qualsiasi tipo di ragionamento intorno al comparto delle fragole italiane in questo momento. Ritardo nella produzione, ma soprattutto un mercato che stenta a decollare quest’anno. Ce lo conferma anche Piero Turroni, per oltre 20 anni direttore tecnico di Apofruit e in questo momento consulente per lo sviluppo di nuove varietà, non solo di fragole: «I quantitativi di un’annata partita in ritardo a causa del clima saranno ovviamente inferiori, ma è il mercato quello che preoccupa di più: i consumi non ci sono, condizionati dal fatto che le fragole si mangiano quando fa caldo, e di conseguenza anche i prezzi all’ingrosso sono inferiori rispetto alle medie».

Con il marchio Solarelli, che caratterizza l’alto di gamma della produzione di Apofruit, l’azienda commercializza anche le note fragole Candonga della Basilicata: «Soffre anche questa varietà, anche se meno rispetto ad altre, per il fatto che la produttività non è mai, anche in condizioni ottimali, una delle sue caratteristiche principali». In attesa che tempo sterzi definitivamente verso il bello, facendo sì che il settore recuperi almeno una parte del terreno perso da un mese a questa parte, Turroni non ha dubbi nell’indicare i punti di forza di questa varietà, la Candonga, che in Basilicata ha certamente trovato l’habitat ideale: «La provenienza è fondamentale. A parità di varietà, non c’è dubbio che la Basilicata rappresenti un’eccellenza, riconosciuta dal mercato stesso, altrimenti, visti gli alti costi di produzione, non converrebbe coltivarla». Quali i punti di forza, quindi? «Per la Candonga gli aspetti decisivi sono il gusto, l’aroma, il profumo e la fragranza». Quali i mercati di sbocco per le fragole Solarelli di questa regione? «I mercati all’ingrosso e, di conseguenza, i fruttivendoli sono i principali luoghi dove trovarle. La Gdo assorbe, invece, circa il 20/30% della produzione».

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