«Che questo sia un anno difficile per il comparto pericolo italiano è indubbio. I prezzi di vendita non sono quelli sperati, specialmente di fronte alle aspettative createsi di fronte ad una produzione nazionale che ha registrato una quantità totale inferiore all’anno precedente». In merito al crollo dei prezzi delle pere e alla crisi che questa ha generato, allarme lanciato da CIA Emilia Romagna nel suo comunicato, interviene anche Alessandro Zampagna, general manager di Origine Group, alleanza strategica nata nel 2015 tra grandi attori del mondo ortofrutticolo e focalizzata alla commercializzazione di kiwi e, per l’appunto, anche di pere.
Secondo Zampagna, per capire cosa sta succedendo bisogna prima di tutto osservare la situazione dal punto di vista internazionale. «Con la raccolta 2018, mentre l’Italia ha registrato una produzione quantitativamente sotto la media, il Nord Europa ha avuto una produzione record di Conference, tanto che a febbraio lo stock delle pere italiane era -18% rispetto all’anno passato, mentre quello del Belgio è un clamoroso +59%, seguito da Olanda con +26% e Francia +19%». A questo, bisogna anche aggiungere gli effetti della chiusura del mercato russo a causa dell’embargo iniziato nell’agosto del 2014 che «ha fatto sì che sul mercato europeo si riversassero tutti i quantitativi prima destinati ai clienti russi, provocando una crisi dei prezzi, che tra l’altro si vede anche in altri prodotti come mele e kiwi. Tra l’altro, la chiusura del mercato russo non è stata compensata dall’apertura di nuovi mercati che deve essere una priorità e invece ci vede in netto ritardo nella chiusura dei protocolli fitosanitari, lasciando così quote di mercato ad altri Paesi europei».
Per quanto riguarda il tema dell’aggregazione, secondo Zampagna quella che fin qui ha caratterizzato la pericoltura negli ultimi anni ha comunque avuto effetti positivi, consentendo di «limitare l’impatto negativo sui prezzi alla produzione, che avrebbe potuto essere peggiore con una maggiore frammentazione». Nonostante questo «la strada dell’aggregazione deve essere perseguita con ancora maggiore decisione».
Ci sono poi dei problemi strutturali che caratterizzano il settore, a partire dalla «resa per ettaro che non cresce e che rischia di calare con l’invecchiamento dei frutteti, una tendenza che può essere invertita puntando a nuove varietà e al miglioramento delle condizioni di coltivazione». In questo caso, quello dell’innovazione varietale, serve ancor più aggregazione da parte di tutti gli attori secondo Zampagna poiché «sono necessarie risorse e prospettive commerciali che solo unendo le forze possono essere messe in campo. Origine Group, ad esempio, sta testando una decina nuove varietà che, si spera possano superare i problemi delle varietà tradizionali in termini di produttività, conservazione e colore. Si tratta però di progetti che richiedono anni per dare risultati».
Per concludere, «l’aggregazione rimane fondamentale non solo per difendere il valore, ma anche per gestire questioni critiche come la gestione dei frutti di bassa qualità, che rischiano di deprimere i prezzi all’industria e di riflesso quelli al consumo fresco, e lo sviluppo di nuovi imballaggi ecocompatibili, che rappresenta una grande occasione ma che se non viene governata rischia di creare nuovi costi a carico della produzione».