Fruttivendoli e non solo

I mercati all’ingrosso soffrono, gli operatori vogliono puntare sui servizi

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I 142 mercati all’ingrosso italiani negli ultimi dieci anni si sono ridimensionati a vantaggio della Gdo. Serve un’inversione di tendenza. Questa la posizione dei maggiori operatori del settore riuniti a Bologna

Il crollo c’è tutto, basta leggere i numeri dello studio SG Marketing illustrato giovedì 6 settembre alla Fondazione Fico durante il workshop “Prospettive per i mercati all’ingrosso e i centri agroalimentari” promosso da Fedagromercati Italmercati, dall’ad della società Claudio Scalise: “Dal 2007 al 2017 la quota del canale tradizionale è passato dal 50% al 37% del totale, quella dei mercati generali è al 27%. Il sistema è in difficoltà in termini quantitativi e, a parte qualche eccezione, continuano a perdere colpi tutti i mercati principali che registrano delle contrazioni abbastanza importanti nel giro d’affari”.

Questo lo stato dell’arte per i 142 mercati all’ingrosso dove si concentrano circa 5.000 imprese grossiste che trattano per il 95% prodotti ortofrutticoli, secondo i dati Fedagromercati. Alle bastonate prese dagli altri canali di distribuzione – parliamo in particolare della Gdo che detiene una quota del 50% – si contrappone però un mare aperto e ricco di opportunità grazie “alla vicinanza dei mercati alle città, della rete diffusa sul territorio nazionale, alla conoscenza del prodotto – sottolinea Scalise – possibilità di carichi misti di più prodotti e distanza minima con punti vendita e il canale Horeca”. Un mondo da conquistare. A iniziare dall’export – ha toccato quota 5,1 miliardi di euro – e soprattutto fanno ben sperare i numeri del mercato interno trainato soprattutto da verdure e ortaggi (+3,2% a volume sul 2016), secondo i dati della ricerca illustrata per Cerved da Maria Maltese.

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L’ortofrutta poi diventa sempre più strategica: Il “fresh” incide per il 56% nel fatturato food dei punti vendita e vale complessivamente 8,5 miliardi di euro il mercato dell’ortofrutta. Un giacimento da cui estrarre valore, ma bisogna: “Aprire a nuovi prodotti, seguire le tendenze emergenti dei consumatori e cogliere le nuove opportunità di sviluppo per ridare valore ai mercati – ha detto il presidente di Fedagromercati Nazionale, Valentino Di Pisa -. Questi due studi ci permettono di individuare i principali canali di crescita per queste strutture e per le aziende, e cioè la Gdo, il dettaglio e l’ambulantato, l’Horeca e l’e-commerce“.

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Non mancano le piste commerciali da battere. A iniziare dal modello di rigenerazione del CAAB di Bologna come ha sottolineato il presidente Andrea Segrè – presidente anche della Fondazione FICO – che ha ricordato come nella sala del workshop fino a poco tempo lavorava un operatore dell’ortofrutta: “Siamo tra le realtà fra le più innovative d’Europa orientata alla sostenibilità economica ed ambientale, nata su piattaforma preesistente: una doppia rigenerazione, quindi, che sta dando risultati di cui siamo tutti orgogliosi“. Orgoglio sottolineato dai numeri offerti dal direttore generale di CAAB Alessandro Bonfiglioli: “Ogni anno oltre 2.400.000 quintali di ortofrutta vengono commercializzati. Ospitiamo 15 aziende grossiste con un consorzio cooperativo che raggruppa 135 aziende agricole, e altre 50  che commercializzano direttamente, oltre a due organizzazioni di produttori”.

Conclusioni? Si è perso terreno, ma c’è qualche novità positiva e soprattutto puntando sui servizi e sulle nuove domande dei consumatori il sistema dei mercati può riprendere quote di mercato.

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