“Sta arrivando uno tzunami nell’ortofrutta”. Ne è convinto il professor Roberto Della Casa, che anche quest’anno ha introdotto, moderato e organizzato il workshop iniziale che ha aperto la 34esima edizione del Macfrut di Rimini. Il tema, questa volta, riguardava i nuovi bisogni, le nuove categorie e i conseguenti nuovi spazi che si stanno affacciando con forza nel reparto ortofrutta.
E per dare concretezza a questo grande cambiamento in atto, dall’impatto potenzialmente distruttivo se non ben compreso e organizzato, basta osservare le nuove soluzioni che l’area New Retail Solution di quest’anno propone ai visitatori della fiera. A partire dai microgreen, certamente la novità più impattante, ma non solo. I consumatori, al grido di “less is more” e “back to basics” vogliono prodotti, per esempio, senza sale o zuccheri aggiunti o ancora assolutamente “naturali”. Chi meglio, quindi, dell’ortofrutta può interpretare questa tendenza?
Microgreen. I veri superfood nutraceutici
Per ora non sono ancora protagonisti del reparto ortofrutta, ma in un futuro non così lontano per i tutti i consumatori diventerà probabilmente abituale vedere come da delle vaschette con un substrato preseminato in cinque giorni spuntino delle piantine edibili e acquistabili, per esempio, di cavolo rosso, ravanello rosso e rosato, crescione, amaranto, e girasole. Sono i cosiddetti microgreen, da non confondere con i germogli.
Possono crescere direttamente nel punto vendita grazie a “Unità growing per microgreens” come quelle che Cefla, azienda specializzata nello studio dei reparti freschi per ortofrutta e bio in tutta Europa in Gdo, realizza. A parlarne Stefano Pistisi e Mattia Accorsi, ricercatore dell’Università di Bologna che ha sintetizzato le caratteristiche principali di queste micro piantine: non hanno bisogno di fertilizzanti, crescono grazie al singolo spettro emesso da lampade led, sono nutraceutici e a km zero.
Zerbinati: spazi più funzionali per le innovazioni
Tra i protagonisti della nuova era dei prodotti vegetali che stanno conquistando sempre più fette di consumatori ci sono sicuramente anche le aziende della IV gamma. Simone Zerbinati, giovane manager dell’azienda di famiglia, ha confermato il grande interesse, con le conseguenti vendite con segno più, che stanno riscontrando prodotti come i burger vegetali, i flan o ancora le zuppe: esempi perfetti che ben illustrano le nuove tendenze di consumo di una fetta di popolazione sempre più grande che sta diminuendo il consumo di carne a favore dei vegetali, quelli che gli analisti chiamano flexitariani, circa 18 milioni di italiani.
Ma Zerbinati ha anche sottolineato come questa crescita debba essere supportata all’interno della Gdo da spazi adeguati, soprattutto nel comparto nel quale opera la sua azienda, dove spesso regna una certa confusione a scaffale. E non a caso, nell’area espositiva, quasi provocatoriamente, Zerbinati mostra uno scaffale di IV gamma come è oggi – pensato per l’operatore di settore – e come dovrebbe invece essere, ovvero pensato invece per il consumatore.
Ortofrutta biologica: sfuso e vendita assistita nella case history Almaverde Bio
Il bio è una delle categorie che da tempo cresce a due cifre e che più di altre ha beneficiato del grande cambiamento in atto nei desideri dei consumatori che chiedono sempre più “naturalità”. Oggi l’ortofrutta biologica confezionata è entrata con forza nel reparto ortofrutta, ma, tra le novità, c’è anche l’ingresso di quella sfusa, nonché la sperimentazione del servizio assistito. Due argomenti delicati, affrontati da Paolo Pari, direttore di Almaverde Bio, uno dei brand di riferimento del settore.
“Con lo sfuso biologico abbiamo aumentato l’offerta dando l’opportunità al punto vendita di diventare più completo. In questo modo aumentano le vendite incrementali e arrivano nuovi consumatori”. Il servizio assistito si può fare – l’esperienza delle Isole di Almaverde Bio è ormai realtà in molti reparti ortofrutta della Gdo – ma ci devono essere delle condizioni ben precise: «La vendita assistita necessita di alcuni presupposti: ci vuole un presidio completo e quindi ci devono essere strutture dove l’incidenza del bio confezionato sia già importante, pari almeno al 3% delle vendite del reparto. Poi ci devono essere punti vendita che superino i 4 milioni di euro di vendite». Con questi presupposti è possibile ottenere dei risultati tali da coprire i costi maggiori che ha la vendita assistita, anche se esistono situazioni che potremmo definire “ibride”, nel quale l’operatore non è sempre presente, ma che comunque consentono di donare valore aggiunto al biologico e fare comunicazione.
Spreafico. La frutta esotica, una vera categoria in grande crescita
Se c’è un operatore che ben conosce, ed è specializzato da tempo, il mondo della frutta esotica questo è certamente il lombardo Spreafico, partner di molte insegne nella Gdo quando si tratta di frutta di importazione. Primo punto da chiarire, la definizione: “si tratta di frutti tropicali/subtropicali appartenenti a culture alimentari lontane, i cui volumi di consumo hanno un grande potenziale di sviluppo” ha affermato Luca Del Toso che si occupa di marketing e trade in marketing in azienda.
Parliamo di 49milioni di euro complessivi in Gdo (30 ottobre 2016, Dati Nielsen) che a valore crescono del 15% e a volume del 10%. «Ci siamo accorti che nel punto vendita non esisteva un vero concetto di categoria di frutta esotica: viene infatti dislocata in varie aree. Per questo motivo anche nella mente del consumatore manca il concetto di categorizzazione». Da questa considerazione la nascita di un progetto di category management con la realizzazione di un isola tropicale dal nome “Squisita”. «Tra le varie definizioni di category management abbiamo sposato quella che vuole divertire il consumatore e fare cultura» Spazio al colore giallo e non al verde, come solitamente si fa nel reparto ortofrutta, e poi tante informazioni per i consumatori per fornire indicazioni su consumo e ricette dei tanti frutti esotici che ormai si trovano sul mercato.
Meno commodity e più specializzazione. La Gdo è pronta a questa nuova sfida?
La domanda forse più difficile alla quale rispondere è probabilmente toccata all’unico esponente della Gdo presente sul palco, vale a dire Alberto Ancarani, che in Coop si occupa di IV e V gamma, biologico e import, quindi delle categorie sotto i riflettori durante il workshop. “Ci stiamo attrezzando bypassando i confini intrinsechi della Gdo» ha risposto il manager del leader della grande distribuzione italiana quanto a quote di mercato.
«Il tema dello spazio è annoso in Gdo e non si risolve velocemente: bisogna necessariamente darsi un’impostazione con quello a disposizione» ha risposto Ancarani. A parte che per i microgeen, vera grande novità, su tutte le altre filiere citate nel workshop Coop si è attivata da tempo anche perché “erano mercati che crescevano senza fare nulla”. L’obiettivo è aumentare il passaggio nel reparto ortofrutta, che nonostante i trend che portano all’aumento dei consumi dei vegetali, è ancora inferiore a quanto potrebbe e dovrebbe essere. Su IV e V gamma, ha detto Ancarani, Coop si sta interrogando su come fare a far risaltare meglio tutte le innovazioni che sono arrivate sul mercato, discorso che si sposa anche per il biologico: «in futuro pensiamo di fare delle nostre isole del biologico nel reparto ortofrutta veicolando la vendita anche degli altri prodotti bio. Se sposti il secco vicino al fresco le vendite aumentano anche del 70%». Anche sull’esotico è in atto una concezione differente rispetto al passato, grazie anche alla collaborazione con partner come Spreafico: «Il consumatore associa l’esotico alla festa, alle vacanze e alla convivialità, caratteristiche che devono essere espresse nell’assortimento. Se gli do un mango che arriva via nave ma non gli procura piacere, meglio allora vendere quello che arriva via aerea anche se costa di più».