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Radicchio Rosso di Treviso: per tutelare l’origine l’IGP non basta più

Radicchio Rosso di Treviso IGP

Il fiore d’inverno italiano festeggia 20 anni di denominazione IGP mentre il Consorzio di Tutela lavora alla tutela globale del marchio

La produzione di Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco certificato IGP dal Consorzio di Tutela è stata di 10.000 quintali nella stagione 2015/2016. Questo dato è però molto diverso dalla stima della quantità di radicchio commercializzata nel mondo con il nome “Radicchio Rosso di Treviso“, almeno 10 volte superiore; da dove arriva il restante 90% del prodotto non coltivato secondo il disciplinare nei 24 comuni del Veneto?

Le provenienze sono le più varie, dall’America all’Australia e alla Russia, mercati in cui la domanda di queste cicoria è in crescita e dove molte aziende intendono sfruttare la notorietà del marchio italiano e la credibilità costruita in vent’anni di attività del Consorzio di Tutela (un esempio di Italian Sounding del Radicchio Rosso di Treviso).

Il Radicchio Rosso di Treviso è stato infatti il primo prodotto orticolo riconosciuto in Europa con la denominazione di Indicazione Geografica Protetta e il 2 dicembre scorso, durante la celebrazione del 20° anniversario dell’IGP (1996-2016) a Venezia, il direttore Denis Susanna ha presentato la nuova strategia del Consorzio: aumentare la quota di export (oggi al 6%) affrontando la nuova sfida di tutela globale del marchio attraverso la registrazione del marchio collettivo. Dice il presidente Paolo Manzan:

La registrazione della denominazione “Radicchio Rosso di Treviso” come marchio collettivo rafforzerà la tutela in ambito comunitario e ci consentirà di difenderci sui mercati extra UE, di maggiore interesse per il nostro export, dove l’indicazione geografica non gode di alcuna protezione e ci espone a falsificazioni e utilizzi della denominazione che rischiano di danneggiare non solo noi produttori, ma soprattutto i consumatori.

Il processo produttivo certificato

Il rigido disciplinare di produzione adottato dagli 89 coltivatori soci del Consorzio per le tre varietà di Radicchio Rosso di Treviso (il Radicchio Rosso Precoce, Tardivo e Variegato di Castelfranco) non garantisce al consumatore soltanto la provenienza, certificando la completa tracciabilità del processo ma regola in maniera dettagliata tutto l’antico processo produttivo (leggi qui il disciplinare di produzione) in cui la conoscenza, il tempo e l’esperienza creano una sinergia unica con le caratteristiche pedo-climatiche del territorio e rendono questa cicoria uno dei prodotti d’eccellenza dell’agroalimentare italiano.

Nel caso del Radicchio Rosso di Treviso Tardivo vengono disciplinati infatti tutti i passaggi dell’affascinante processo che porta la pianta seminata a inizio estate alla raccolta invernale, “dopo che la coltura abbia subito almeno due brinate.

Radichhio Rosso di Treviso Tardivo in campo

Solo a questo punto, dopo aver passato due stagioni in campo la pianta può essere raccolta e immersa in acqua risorgiva alla temperatura di circa 13 gradi per completare l’imbiancamento, operazione fondamentale e insostituibile che consente di esaltare i pregi organolettici, merceologici ed estetici del Radicchio Rosso di Treviso tardivo. Radicchi Rosso di Treviso dopo la fase di toelettatura

Dopo questo passaggio in acqua di falda, della pianta “madre” non resterà nulla e dopo la fase di toelettatura resterà soltanto il caratteristico cuore bianco e viola che contraddistingue il “fiore di ghiaccio” trevigiano da tutte le altre varietà di cicoria e che, come conferma il presidente Paolo Manzan,

sta incontrando sempre più il favore dei consumatori, più attenti nel riconoscere la qualità di ciò che mangiano.

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