Trend e Mercati

Rapporto Coop: la grande debacle di frutta e verdura

In due anni calano del 15% i volumi dell’ortofrutta. Colpa dell’inflazione, ma non solo. Cambia la nostra identità alimentare

Pandemia, guerra e inflazione. Un trittico micidiale che dal 2020 a oggi ha stravolto lo scenario economico del nostro Paese e con esso, naturalmente, tante abitudini e consuetudini, a partire da quello che mettiamo nel carrello della spesa. Come prevedibile, lo scenario tracciato dall’anticipazione del Rapporto Coop 2023 sui consumi e gli stili di vita degli italiani, presentato a Milano e curato dall’ufficio studi del player della grande distribuzione italiana, non è certo roseo e, ormai a un passo dall’inizio del tunnel della recessione, mostra un fotografia a tinte scure e non scevra di contraddizioni.

Ortofrutta, un’emorragia preoccupante

Albino Russo, direttore generale di Ancc-Coop, lo ha definito un cambiamento tanto eclatante quanto preoccupante. I consumi di frutta e verdura, negli ultimi due anni, sono calati a volume del del 15.2%. Nel suo complesso, non solo nella Gdo, che comunque mantiene una quota di mercato dominante nella vendita di ortofrutta.

Uno degli elementi fondamentali della dieta mediterranea, che l’OMS consiglia da sempre di consumare almeno 5 volte al giorno e persino di 5 colori differenti, è tra gli alimenti che gli italiani hanno deciso di tagliare in modo sostanzioso. Non è una novità, poiché non è la prima volta che questo succede e che questo comparto, tanto decisivo e quanto fondamentale proprio all’interno delle superfici della grande distribuzione, va in sofferenza. Era già successo durante la crisi del 2008-2014, quando gli italiani cominciarono a tagliare anche beni di prima necessità, a partire dall’ortofrutta. Sta nuovamente succedendo adesso nel pieno di una nuova crisi. Secondo le stime fornite a Coop da Nomisma (su dati Cso Italy), nel 2023 gli italiani, rispetto al 2021, consumeranno più di 900mila tonnellate di frutta e verdura in meno. A volume resistono solo mele e kiwi, per il resto l’emorragia colpisce, giusto per citare alcune referenze, pesche, insalate e asparagi. E la musica non cambia neanche per l’ortofrutta biologica, che si stima chiuderà il 2023 con perdite di quasi 15 punti percentuali, pressoché identiche al comparto convenzionale.

Rapporto Coop 2024 Ortofrutta

La perdita di una chiara identità alimentare

L’inflazione, che ha fatto sentire il suo peso sui beni alimentari con aumento di oltre il 21% e che, secondo il Rapporto, potrebbe aumentare ancora, raffreddandosi probabilmente solo tra due anni, è certamente l’imputato numero uno del taglio di frutta e verdura dalle tavole degli italiani. Un calo complessivo nel primo semestre dei volumi dei beni alimentari del 3% è un dato quasi inedito, che certifica come anche al cibo, forse l’elemento più rappresentativo e unificante della collettività italiana, ci si possa rinunciare. Ma ad andare in crisi è quella che viene definita dal Rapporto “l’identità alimentare” degli italiani: il 20% dichiara, infatti, di non avere alcuno stile alimentare, mentre cala la percentuale di chi desidera solo prodotti di territorio e tradizionale e cresce quella di coloro che guardano a nuovi stili di vita. E qui non mancano certo le contraddizioni.

Viva le proteine, abbasso la carne

Se tagliare frutta e verdura non è evidentemente considerato pericoloso per la nostra salute e nei prossimi 12 mesi non sembrano esserci segnali di ripensamento, al tempo stesso proprio il desiderio di nutrirsi in modo salutare alla ricerca di uno stile di vita improntato al benessere, sembra alla base della crescita di alcuni stili alimentari, non certo economici.

I prodotti planted-based crescono del 9%: bevande +8%, carne +12%, ready to eat +15%. Scelte che mettono al centro le proteine e che aprono a nuove frontiere, considerando che il 39% dichiara di voler ridurre sensibilmente il consumo di carne. Secondo il 31% degli italiani intervistati entro 10 anni compariranno stabilmente sulle loro tavole prodotti vegetali con il sapore di carne, per il 29% prodotti a base di farine di insetti.

È un po’ presto per dire se siamo all’anticamera di un altro cambio di paradigma alimentare, come già successo 10 anni fa, quando ci ritrovammo dopo la grande crisi il carrello della spesa invaso di prodotti bio, free from e superfood, che continuano comunque ad essere centrali. Certo è che tutto sta cambiando nuovamente, e non è detto che questa sia una buona notizia per la nostra salute, oltre che per il nostro portafoglio.  

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