Si tira e si continuerà a tirare la cinghia anche nel 2023. Nonostante i fattori produttivi, a iniziare dalla riduzione dei costi energetici, vedono finalmente imboccare la curva discensiva non muta più di tanto il quadro economico. Il valore delle vendite dell’ortofrutta a gennaio resta sostanzialmente con il segno meno nonostante un marginale aumento dell’1% rispetto allo stesso mese del 2022. In altri termini uno sviluppo piatto per l’ortofrutta secondo i dati NCX Drahorad – GfK.
Si trascinano gli effetti del 2022. Bene le banane, male uva e agrumi
Gli effetti del 2022 per NCX Drahorad – GfK continuano in questo primo mese dell’anno. L’aumento del livello dei prezzi, pari a più 4% rispetto al gennaio scorso, è piuttosto basso rispetto ad altre categorie. Per la frutta si riduce al 2% e si registra anche un leggero calo delle vendite dell’1%. Nel dettaglio si registrano movimenti differenziati. Le banane si distinguono positivamente a gennaio: con una buona dinamica dei volumi e un leggero aumento dei prezzi e un incremento delle vendite del 7%. I piccoli frutti rossi hanno registrato un’ottima crescita delle vendite (+15%), trainata da un enorme aumento dei volumi, mentre i prezzi al chilo sono scesi al di sotto degli 8 euro. Il tasto negativo tocca gli agrumi e l’uva, parla l’intensità del calo: il 9% in meno per i primi, il 13% in meno per la seconda.
Il dato delle verdure
Le verdure vedono l’aumento del livello dei prezzi (+5%) e una leggera crescista delle vendite dell’1%. Per peperoni, cavoli, cipolle, ortaggi con la radice l’incremento delle quotazioni è stato a due cifre. Nel caso di questi ultimi si è verificato l’aumento di quasi 0,30 euro il kg che viaggia insieme al rialzo delle vendite del 15% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Tendenza simile per le insalate e le verdure pronte da cuocere significa che restano convenienti per il consumatore. Sulla stessa linea le patate che vedono l’aumento dei prezzi a doppia cifra (+11%).
Indagine NielsenIQ: un 2023 con meno sprechi
La grande maggioranza degli italiani, il 70% in cifre, pensa di vivere già in una fase di recessione. Ma è lontana anni luce la fame materiale del secolo scorso e quasi un terzo del campione dell’indagine NielsenIQ privilegia il benessere mentale rispetto alla sicurezza finanziaria e lavorativa. In ogni caso bisogna affrontare la condizione materiale. Ma come? La formula è semplice: evitare sprechi alimentari eccessivi (29%) e comprare solo l’essenziale, questa l’intenzione del 57% delle famiglie. Dove si taglia? I consumatori spenderanno meno nel 2023 per ristorazione (54%), abbigliamento (49%) e intrattenimento fuori casa (48%). Alcune referenze dell’ortofrutta soffriranno la discesa dei consumi fuori casa.
Raddoppiate le famiglie in difficoltà, ma l’alimentare resiste
Secondo quanto emerge dal report, in meno di un anno sono più che raddoppiate le famiglie in difficoltà che raggiungono quota 23% (contro il 10% di inizio 2022). Altri numeri: aumentato di 7 punti il numero di persone considerate caute (59%), cioè coloro che, pur non essendo state colpite a livello finanziario dai recenti eventi economici, rimangono in ogni caso prudenti nelle proprie spese. Si ridimensiona ma si salva la spesa alimentare, voce che si colloca solamente all’8° posto (31%) della classifica di NielsenIQ.
“In linea con quanto fin qui visto, è evidente che il consumatore medio Italiano si sente sotto pressione dal punto di vista finanziario rispetto ad un anno fa. Non è un caso che il segmento dei cauti in Italia rappresenti oltre la metà della popolazione. Si tratta di un forte segnale del clima di incertezza dell’attuale contesto locale e globale”. Parole di Luca De Nard, amministratore delegato di NielsenIQ Italia – “Se non altro, i consumatori sembrano intenzionati a tagliare maggiormente le voci di spesa più discrezionali, come i consumi fuori casa, l’abbigliamento, i viaggi e le vacanze”.