Interpoma 2022, appuntamento internazionale fisso nelle agende degli operatori del settore, è stata l’occasione per un aggiornamento sulla previsione di produzione di mele, ma anche per affrontare alcuni dossier particolarmente sensibili e per cercare formule di collaborazione adeguate alla gravità della situazione economica, che attanaglia i produttori del settore melicolo così come la società in generale.
Se le prime indicazioni sulle dinamiche di mercato e sulla sua possibile evoluzione suggeriscono un primo semestre del 2023 di più facile gestione, in particolare per una disponibilità di prodotto in Italia non particolarmente alta ma di ottima qualità, il peso dei costi di produzione inizia drammaticamente a farsi sentire.
Pesano costi e codice ateco
Nonostante gli sforzi fatti per arrivare ad una parificazione delle strutture di conservazione e lavorazione dei prodotti ortofrutticoli alle cosiddette imprese energivore, le decisioni del Governo paiono non essere state favorevoli. Viene a reiterarsi quindi una ingiustificabile discriminazione, che legata a una banale codifica ateco esclude le imprese del settore agricolo che conservano, selezionano e commercializzano frutta dalla definizione – e quindi dai vantaggi – di molte altre imprese che possono beneficiare del livello massimo di detrazione di imposta.
Una banale definizione penalizza strutture che di fatto con il loro lavoro rendono un servizio fondamentale per i cittadini.
Il peso dei costi di produzione per la conservazione e lavorazione delle mele è stimato all’attualità in circa 0,12 euro/chilo, ai quali vanno aggiunti circa 0,04 euro/chilo di costi assorbiti al livello delle aziende di produzione primaria. Questi maggiori costi possono arrivare ad erodere un terzo circa della liquidazione finale ai frutticoltori, che mediamente può aggirarsi attorno a 0,40 – 0,45 euro/chilo. Una mole di costi che rischia di minare l’equilibrio economico di migliaia di aziende frutticole.
Le proposte dell’Ue
In questo quadro macroeconomico si collocano due proposte di regolamento promosse dall’Unione europea, riguardanti le regole di impiego dei fitosanitari e della riduzione delle plastiche, su cui sono insorte praticamente tutte le rappresentanze agricole d’Europa, che potrebbero ulteriormente indebolire la competitività del sistema, aggiungendo nuovi costi ed incertezze, rendendo di fatto insostenibile il lavoro nella componente produttiva della filiera.
Si aprono ora due possibili scenari, su cui Assomela ee i consorzi associati intendono lavorare.
Innanzitutto, l’invito a restare compatti nella richiesta all’Unione europea di ritirare la proposta di regolamento sull’impiego di fitosanitari e di rivedere sostanzialmente la proposta di uso del packaging e della riduzione degli imballi di plastica.
In parallelo si prospetta la utilità di un confronto con tutti gli attori della filiera, dalla produzione alla distribuzione, per ricercare soluzioni in grado di migliorare le performances di lavoro, ad es. con razionalizzazione della logistica e del packaging, delle modalità di utilizzo dei mezzi di produzione, oppure in collaborazioni orientate alla migliore valorizzazione del prodotto allo scaffale.
È evidente che passi di efficientamento del sistema sono non solo possibili, ma urgenti, con effetti che potrebbero tradursi in risparmi o generare nuovo valore, ma in ogni caso contribuire ad aumentare la marginalità a beneficio di tutti gli attori di filiera ma, ancora più importante, a beneficio dei consumatori e della “sostenibilità” del sistema.
Fonte: Assomela