La pandemia ha prodotto almeno due effetti sulle abitudini alimentari degli italiani: da un lato è aumentata la domanda di prodotti ritenuti salutari – frutta, verdura, prodotti biologici in primis – dall’altro sono diminuite, per una serie di ragioni, le occasioni per consumare pasti fuori casa. Ma quando si recano al bar o al ristorante, gli italiani sono sempre più attenti e decisi a far valere le proprie preferenze, siano esse legate a motivi etici, salutistici o solo di gusto. A tal proposito, è nata una app. Si chiama MyCIA, è basata sulla carta d’identità alimentare, è scaricabile gratuitamente su AppleStore e GooglePay e ha un obiettivo preciso: facilitare la vita a tutti coloro che vogliono restare fedeli alle proprie abitudini alimentari, senza dover rinunciare a mangiare fuori casa. In pochi mesi, sono già 120mila i download.
A cosa serve e come funziona la app
In pratica, per utilizzare la app messa a punto dall’azienda italiana HealthyFood, occorre predisporre la propria carta d’identità alimentare, ossia un documento digitale che racchiude le proprie preferenze alimentari. Per compilarla, è sufficiente registrarsi all’apposito sito ed esternare tutte le informazioni sul proprio stile alimentare: intolleranze, allergie, semplici preferenze di prodotti, materie prime o ingredienti che non si vogliono o non si possono mangiare quando si va al ristorante, scelte ideologiche, come nel caso del veganismo o del vegetarianismo. Fatto questo passaggio, il sistema incrocia i dati e fa incontrare gli utenti registrati con gli oltre 7mila tra bar e ristoranti che fanno parte del network di MyCIA. I primi possono quindi visualizzare le proposte gastronomiche dei secondi, verificando se sono in linea con i propri desiderata.
Cosa dicono i numeri
Secondo il sondaggio “Food and Hot Drinks in Italy 2019”, il 36% dei giovani con meno di 30 anni segue una regola nutrizionale e lo stesso fa il 24% degli over 60. Secondo i dati diffusi dal centro studi di HealthyFood, il 43% degli utenti che hanno compilato la propria carta d’identità alimentare segnala esigenze alimentari specifiche, il 76% vuole evitare almeno un ingrediente: tra i più gettonati le acciughe, l’agnello e l’aglio. Il 12,98% ha cliccato sull’opzione senza glutine, il 12,08% sull’opzione senza lattosio. Sono parecchi anche i vegani e i fruttariani, soprattutto nelle zone di Milano, Roma e Napoli. Per quanto riguarda invece le allergie segnalate, le più frequenti sono al grano, al latte e ai crostacei.
Dunque sembrerebbe che andare al ristorante sia sempre più facile e soddisfacente. Eppure il canale Horeca permane in uno stato di crisi che non sembra avere precedenti, per lo meno non nel recente passato.
La crisi dell’Horeca e il fondo proposto da Bellanova
Secondo una analisi di Coldiretti sulla base di dati Ismea, emerge un taglio complessivo della spesa alimentare domestica ed extradomestica stimato, per tutto il 2020, in 24 miliardi di euro. A pesare è soprattutto il canale Horeca il quale, dopo la chiusura di fatto totale durante il lockdown, resta in sofferenza. E lo è per almeno tre motivi: per il perdurare dello smart working, che non favorisce i pasti fuori casa a mezzogiorno, per la diffidenza dei consumatori, che temono i contagi ed evitano così bar e ristoranti, per la carenza di turismo, soprattutto straniero.
Per evidenziare la gravità della situazione, è sufficiente un dato diffuso da Federcuochi: oltre il 30% degli chef italiani è oggi disoccupato e la situazione non può che peggiorare. Secondo il presidente della federazione Rocco Pozzulo, infatti, si prevede che gli italiani spenderanno il 40% in meno per mangiare fuori, con una perdita stimata intorno ai 34 miliardi di euro. E pertanto, a detta di Pozzuolo, “il miliardo destinato alla ristorazione annunciato dalla ministra Teresa Bellanova sarebbe una boccata d’ossigeno“. Nel merito, se il provvedimento proposto dal ministero delle politiche agricole dovesse essere approvato, a 180mila esercizi spetterebbe un bonus a fondo perduto di circa 5.000 euro, un contributo destinato all’acquisto di prodotti agroalimentari nazionali, al fine di garantire un’immediata iniezione di liquidità nel sistema, favorire i pagamenti e sostenere le filiere produttive italiane. Ma, sempre a detta del presidente di Federcuochi, il bonus non sarebbe comunque sufficiente a rilanciare il settore: “Servono adeguate misure di detassazione e defiscalizzazione per tutto il 2021 – ha spiegato – Va inoltre incentivato l’acquisto dei prodotti 100% made in Italy, così da sostenere la ristorazione di qualità e la produzione nazionale”. Quanto a quest’ultima, secondo Coldiretti, da quando è iniziata la pandemia in Italia, il 57% delle 730mila aziende agricole nazionali ha registrato una diminuzione dell’attività.