Ci si muove nel campo delle ipotesi, nei campi di aglio. Al di là del gioco di parole, lo scenario è grossomodo il seguente: siamo a fine stagione e il prodotto già di per sé starebbe per finire. Inoltre, causa coronavirus, sono due gli elementi che non si possono ignorare: la Cina ha bloccato da un paio di mesi tutte le esportazioni e i consumi di aglio, in quanto prodotto scarsamente deperibile, con il lockdown sono aumentati. Pertanto, in ultima analisi, siamo di fronte a carenza di prodotto, con conseguenti prezzi alle stelle. Tra circa un mese – un mese e mezzo dovrebbe, però, iniziare la nuova campagna. Ma anche quest’ultima non è scevra di incognite. Per dirla con le parole di Federica Girotto di Cervati, con la quale abbiamo affrontato il tema, l’imminente raccolta sarà un vero e proprio rebus. Vediamo nel dettaglio.
Cervati: “Scenario inedito, non ci sono certezze”
E’ vero che le quantità di aglio cinese importate in Europa sono contingentate per salvaguardare il prodotto interno, ma è altrettanto vero che l’assenza di prodotto proveniente dalla Cina è un’assenza che si fa notare e che ridisegna il mercato globale. “Mancando un produttore importante come la Cina – esordisce Federica Girotto, Ceo di Cervati Import Export, azienda di Rovigo che da oltre 60 anni è specializzata nella produzione e commercializzazione di aglio – in questo momento l’aglio scarseggia: la ricaduta sui prezzi è inevitabile, assistiamo a un incremento di circa il 40% in più rispetto all’anno precedente”. Circa l’imminente campagna, che dovrebbe avere inizio tra 4-6 settimane, secondo Girotto ci sono una serie di incognite da considerare. La prima, naturalmente, è la manodopera. “Le nuove raccolte sono un vero e proprio rebus – spiega – Abbiamo un mese di tempo per organizzarci e per sperare che la situazione manodopera si sblocchi, ma siamo davanti a uno scenario inedito, non abbiamo certezze. E dunque è impossibile fare previsioni”.
“La nuova campagna – aggiunge – inizierà con i prezzi sostenuti per via della scarsità di prodotto, è inevitabile un aumento della domanda. Inoltre dobbiamo considerare la variabile meteo”. Già perché, come ha delineato la Ceo, questo è un aprile senza acqua: il rischio di un maggio piovoso è concreto e la qualità del prodotto potrebbe risentirne, un po’ come già successo lo scorso anno. “Nel 2019 a maggio ha piovuto parecchio – conclude Girotto – e la pioggia ha sfavorito la raccolta, molto prodotto è stato declassato a prodotto di seconda scelta. C’è da augurarsi che quest’anno non succeda la stessa cosa”.
Tutto il mondo è paese
Lo scenario non è diverso in Spagna, dove l’associazione nazionale produttori e commercianti di aglio spagnola (Asociación nacional de productores y comercializadores de Ajo) ha manifestato grande preoccupazione per la mancanza di manodopera nei campi. All’appello, nella sola Andalusia, mancano circa 4.500 lavoratori e la raccolta dovrebbe iniziare tra un paio di settimane. Secondo l’associazione spagnola, nel reclutamento di nuova manodopera, vanno considerati almeno due aspetti. Il primo: i lavoratori provenienti da altri settori non hanno esperienza e manca il tempo per pianificare la loro formazione. Il secondo: i criteri di prossimità stabiliti dal regio decreto spagnolo del 7 aprile scorso sono impossibili da rispettare nel settore dell’aglio, perché nelle aree rurali la popolazione, disoccupata o no, è scarsa, e quindi non in grado di coprire il fabbisogno della coltura la cui raccolta necessita, per un solo ettaro, di circa 50 giorni. E l’azienda media è di 24 ettari.
L’associazione spagnola ha quindi ribadito l’importanza di adottare la direttiva europea sulla libera mobilità dei lavoratori agricoli. Ma, in tema di aglio, in Europa, c’è un altro aspetto da considerare: lo hanno rilevato Copa e Cogeca.
Copa e Cogeca: no alle pratiche sleali
Secondo Copa (Comitato delle organizzazioni professionali agricole) e Cogeca (Confederazione generale delle cooperative agricole dell’Unione europea), nel settore dell’aglio si registra un aumento delle pratiche sleali: etichette di origine fraudolente e modifiche unilaterali e improvvise dei contratti e dei prezzi corrisposti ai fornitori. Per tale motivo le confederazioni hanno invitato gli stati membri a recepire e applicare velocemente la direttiva in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare (direttiva 2019/633 del 17 aprile 2019).