E se anche la Brianza cominciasse a produrre nocciole? L’idea c’è già e, anzi, qualcuno ha già iniziato a metterla in pratica, sull’onda della crescente domanda di frutta secca che si sta registrando a livello mondiale. A darne notizia è stato il quotidiano “Il Giorno”, che scrive tra l’altro: “La Brianza scommette sulle nocciole. Parte da una coltivazione di Costa Masnaga, dieci ettari riconvertiti nella zona di Brenno della Torre, una piccola rivoluzione che potrebbe presto cambiare la storia agricola in questa fetta di Lombardia, dove tradizionalmente sono stati i cereali a dettare i tempi nelle coltivazione dei campi. E visto che la produttività non regge più la concorrenza con farine e prodotti che arrivano dall’estero, oltre a svariati problemi legati a tossine presenti nei prodotti dovute a sempre più frequenti difetti di produzione, c’è qualcuno che ha iniziato a guardarsi intorno. L’enorme richiesta delle industrie dolciarie nazionali e anche mondiali ha fatto cadere le ultime perplessità.
«Abbiamo iniziato un paio d’anni fa con i primi studi – spiega Ismaele Pozzoli, erbese, agronomo professionista incaricato di seguire la nuova coltura che ha preso il via a Costa Masnaga con circa 450 piante -. A novembre 2015 poi è stato realizzato l’impianto. Siamo nelle fasi iniziali perché il nocciolo entra in produzione abbastanza tardi. Bisogna aspettare infatti cinque anni per poter raccogliere le prime nocciole».
La Brianza però potrebbe presto guardare al Piemonte dove hanno lavorato molto sul nocciolo e hanno costruito una filiera che riesce a valorizzare anche impianti di piccole dimensione. «Le regioni che hanno una storia corilicola hanno creato un indotto per chi ci ha creduto. E’ una coltura molto rustica che riesce anche nei nostri ambienti senza intensificazione. Senza troppi trattamenti e senza irrigazione riesce a valorizzare terreni che altrimenti verrebbero abbandonati – continua Pozzoli -. Da questa idea è nata la volontà di provare a valorizzare alcune aree anche dalle nostre parti. Una soluzione che rappresentasse un’alternativa anche da noi dove l’idea del nocciolo non era mai stata presa in considerazione, perché la nostra tradizione agricola è legata alle colture di pieno campo».
A livello mondiale la richiesta delle industrie dolciarie è molto allettante. La gran parte delle nocciole arrivano dalla Turchia (che copre l’80% del fabbisogno mondiale), ma soprattutto negli ultimi anni è diventato un mercato altalenante, sia per ragioni sociopolitiche sia per via dei cambiamenti climatici”.