Il grande sviluppo e l’apprezzamento che la frutta secca sta conoscendo in questi ultimi anni, offre diverse opportunità non solo per colture come le noci e il pistacchio, ma anche (e forse soprattutto) per le mandorle. Anche questo è stato uno degli aspetti evidenziati durante il convegno sulla frutta secca organizzato a Macfrut 2015 da Besana e Vitroplant. Luigi Catalano di Agrimeca Grape and Fruit Consulting ha sottolineato però come, per essere competitiva in questo settore, l’Italia debba mettere in atto un profondo rinnovamento dei propri impianti. “Gran parte della mandorlicoltura italiana è ancora obsoleta – ha detto Catalano – rendendo così difficile la reale valutazione del potenziale produttivo in un mercato internazionale sempre più complesso”. Peraltro, ha affermato sempre Catalano, “il mandorlo può facilmente integrarsi nell’ambito di ordinamenti aziendali differenti, senza richiedere eccessivi investimenti, assicurando una redditività soddisfacente”. In poco più di sessant’anni, la situazione della mandorlicoltura a livello mondiale è del resto profondamente cambiata. Nel quinquennio 1947 – 1951, a fronte di una produzione mondiale di 87.800 tonnellate di prodotto sgusciato, l’Italia occupava la prima posizione, con 31.000 tonnellate (fonte: Gill & Duffs of London). Dai dati 2010/2011, si evidenzia che la produzione mondiale è salita a 921.246 tonnellate e la California recita un ruolo di assoluto predominio, con oltre 738.000 tonnellate. Il resto del podio è occupato da Australia e Spagna, mentre l’Italia è solo ricompresa nella top 10. Con una domanda di frutta secca in costante crescita, anche la mandorlicoltura può quindi essere considerata un’opportunità da cogliere.
Mandorle, in Italia c’è bisogno di rinnovamento
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