Un giro d’affari complessivo di 227 milioni di euro, 280 milioni di chilogrammi venduti ad un prezzo medio di 0,81 euro al chilo. E ancora: un numero di referenze medio presente nei punti vendita di 3,5, con una presenza di private label del 28,3% (7 punti percentuali in più rispetto alla media del comparto food), un livello promozionale pari al 26,1%. E, infine, un dato certamente non secondario che ben descrive il comparto dal punto di vista produttivo: domina la frammentazione, con i 5 primi produttori che detengono solo il 55% del mercato e dove nel restante 45% se ne contano più di 200.
Sono questi, in pillole, i dati che contraddistinguono un comparto molto importante all’interno del mondo ortofrutticolo italiano, il primo per volumi, vale a dire quello delle patate confezionate. La fotografia della situazione è stata illustrata nello spazio Fruitness di Expo 2015 da Alessandro Borghi, analista Nielsen, all’interno dell’evento organizzato da Apo Conerpo/Naturitalia, uno degli attori principali del mercato in Italia.
Lo scenario all’interno del quale è stato analizzato il settore delle patate parla di una crescita generale dei consumi nel 2015 pari all’1%, una sorta di prima mini ripresa post crisi che però ha profondamente cambiato desideri e stili da parte del consumatore. “È nato un nuovo consumatore post-crisi – ha affermato Alessandro Borghi – . Cerca un equilibrio tra mangiare sano e con piacere”. Non solo: sono diventati molto importanti due fattori: la sicurezza alimentare (per il 68% degli italiani) e il paese/luogo di orgine degli alimenti (77%).
In Italia sono 20,5 i milioni di famiglie che nell’ultimo anno (tutti i dati sono aggiornati a luglio 2015) hanno acquistato almeno una volta patate fresche. Una categoria, quindi, che ha un tasso di penetrazione molto elevato (secondo i dati Istat in Italia ci sono 24,8 milioni di famiglie), ma che comunque registra una lieve diminuzione dato che nell’ultimo anno circa 305 mila in meno hanno deciso di aquistarle (-1,8%).
La categoria delle patate fresche in Italia perde sia in termini di acquirenti che di acquisti, sia a volume (-1,7%) che a valore (-18,2%), pari a 68 milioni di euro in meno rispetto allo stesso periodo del 2014. Il motivo? Il forte calo dei consumatori di patate sfuse: un segmento questo che ha perso il 4,6% a volume e il 4,8 a valore, a fronte, invece, di una crescita di quello delle patate confezionate (+3%). Circa 600 mila famiglie in meno comprano patate sfuse e sono non a caso soprattutto i mercati ambulanti/rionali (-8%) e il dettaglio tradizionale (-6,2%) a subire il maggior calo in volumi. Le patate confezionate, invece, a volume crescono soprattutto nei Discount (+8,1%).
Come si diceva all’inizio, l’importanza dell’origine dei prodotti nel nuovo modello di consumatore così come sta emergendo dopo la fine della crisi ha un valore importante. E il mercato delle patate rappresenta una fedele cartina di tornasole da questo punto di vista, tanto da risultare un fattore vincente nelle vendite che crescono a volume anche nel caso di patate estere la cui provenienza sia comunque dichiarata.
Sul fronte dell’innovazione nel 2015 i nuovi prodotti immessi sul mercato hanno avuto un prezzo medio inferiore alla media della categoria, attestandosi a 0,69 euro al chilo: per il 38% le nuove referenze sono state private label. E a proposito di marchi del distributore, l’analisi di Nielsen fa notare come in questo comparto le private label siano “fortemente sovradimensionate e in controtendenza” rispetto al mercato grocery dove invece questi prodotti sono in difficoltà.