[Clicca qui per vedere le interviste a Denis Pantini, autore del rapporto e direttore agroalimentare di Nomisma e Ambrogio De Ponti, presidente di Unaproa]
Quello ortofrutticolo italiano è un mercato che vale circa 13 miliardi di fatturato annuo, un settore che ha registrato un +57,8% dal 2004, soprattutto grazie alle O.P., le organizzazioni di produttori che hanno saputo fare squadra nel valorizzare un prodotto e nel posizionarlo in maniera competitiva sulle piazze europee e mondiali. Ma è anche un comparto che ha subito, e sta subendo, un arresto nel trend di crescita causato da differenti fattori come burocrazia complessa, aumento della forza dei competitor stranieri, effetti dell’embargo russo e il mutamento delle abitudini alimentari.
Parla chiaro il “Rapporto sulla competitività del settore ortofrutticolo italiano“, la fotografia che Nomisma ha scattato per Unaproa – l’Unione Nazionale tra le organizzazioni di produttori ortofrutticoli, agrumari e di frutta in guscio – presentato a Roma. Primo nel suo genere, il rapporto analizza nel dettaglio potenzialità e criticità del complesso mondo che riguarda produzione e commercio di frutta e verdura italiana.
Dati incoraggianti emergono dal confronto con i maggiori player eupoei, confronto che vede l’Italia saldamente in testa per la ripartizione del valore della produzione ortofrutticola pari al 20% sul totale, seguita dalla Spagna che vanta un 19% e dalla Francia con un 10. Il Belpaese si aggiudica anche il podio per la superficie dedicata a coltivazioni biologiche ma perde terreno quando si parla dei costi di trasporto: in media in Italia si spendono 1,6 euro per chilometro, mentre in Spagna si scende a 1,2. Analoga la situazione per il costo del lavoro che vede i 13,7 €/h nostrani contrapposti ai 9,4€/h iberici.
“È importante tenere in considerazione anche il calo dei consumi derivante dal cambiamento delle abitudini alimentari – ha detto Ambrogio De Ponti, presidente Unaproa – nel nostro Paese, in media, si consumano 131 kg di frutta pro-capite l’anno, per una spesa che si aggira intorno ai 200 euro. Un segnale allarmante su cui urge intervenire, anche alla luce delle linee guida fornite dall’OMS per una corretta alimentazione”.
“Gli ambiti su cui intervenire riguardano soprattutto l’organizzazione delle produzioni attraverso le OP – ha spiegato Denis Pantini, autore del rapporto e Direttore agroalimentare di Nomisma – aggregarsi per essere più competitivi è una strada obbligata. E poi l’impiego degli strumenti previsti dalla nuova Pac come i fondi mutualistici che tutelino il reddito degli ortofrutticoltori”.