Si potrebbe cominciare dalla fine dell’analisi sui consumi di frutta e verdura redatto da Nomisma e pubblicato venerdì 16 gennaio (vedi qui). “Il grande proliferare di trasmissioni televisive sulla cucina può essere uno dei vettori più semplici da sfruttare” si legge nel dettagliato report scritto da Silvia Zucconi, coordinatore Area Agroalimentare di Nomisma. E ancora: “L’altro elemento da non trascurare è la capacità di re-inventare i valori dell’ortofrutta per non vendere solo un prodotto ma un insieme di attributi, cercando di comunicare con più forza l’importanza nella dieta e le possibilità di consumo, costruendo cioè un piano di marketing e di comunicazione che faccia uscire questi prodotti dall’anonimato”.
Due spunti, due “consigli”, per cercare di vedere una luce fuori da un tunnel lungo 14 anni e del quale, per ora, non sembra intravedersi l’uscita. I dati di Nomisma, d’altronde, non lasciano scampo: nel Paese della dieta mediterranea, della ricchezza di giacimenti gastronomici di primo piano che il mondo ci invidia e dove frutta e verdura rappresentano una voce importantissima per l’agricoltura italiana dal punto di vista economico e occupazionale (450mila aziende agricole, 850mila ettari; frutta, ortaggi e agrumi rappresentano il 22% della Produzione Lorda Vendibile) frutta e verdura stanno lentamente, ma inesorabilmente, scomparendo dalle nostre abitudini alimentari. Con ripercussioni deleterie sul benessere della popolazione: in Italia è in crescita la quota di bambini sovrappeso (31,6%), superiore a paesi come il Regno Unito (24,7%), la Germania (25%) e la Francia (14%).
Dal 2000 ad oggi abbiamo perso 1700 tonnellate di frutta e verdura consumate (-18%), pari a 17 kg a persona, con un trend costante e indipendente dalla crisi economica scoppiata nel 2008. Con 130,6 kg pro capite nel 2014, cioè 360 grammi al giorno, non siamo il paese meno virtuoso d’Europa, anzi (peggio di noi quasi tutti i Paesi europei, tranne la Spagna con 179 kg), eppure, secondo il rapporto di Nomisma, questo dato non ci può consolare perché “Il trend di lungo periodo evidenzia come in Italia i consumi di ortofrutta fresca siano al palo più che altrove”. I consumi pro capite, infatti, dal 2000 a oggi in Italia sono calati del 14%. “Solo la Svizzera ha avuto cali tendenziali simili ai nostri. I consumi pro capite di Francia e Germania, seppur bassi, negli ultimi anni stanno, invece, recuperando terreno”.
Le campagne di informazione e sensibilizzazione sono uno strumento chiave per sostenere i consumi ortofrutticoli, ma non bastano. E non possono essere unicamente rivolte a bambini e al mondo della scuola. “Quando iniziano la scuola, molti bambini hanno già sviluppato le proprie preferenze alimentari, riducendo quindi le possibilità di riuscire ad influire in modo efficace”. È la famiglia, quindi, il nodo da cui parte tutto e sul quale, secondo Nomisma, occorre agire. “Nelle famiglie dove i genitori mangiano frutta e verdura ogni giorno in almeno 2 occasioni, anche i figli hanno una maggiore propensione al consumo”.