«Prima si faceva uva da vino, poi negli anni Settanta si è sviluppata l’uva da tavola». Terreno calcereo, clima mite, una media di 500 quintali per ettaro, massimo 25 chili per ceppo. «Il grappolo deve essere minimo di 300 grammi, ma in media è tra i 500 e il chilo e mezzo» A presentare in Tv una delle specialità della frutticoltura siciliana, e in particolare della provincia di Catania, è Giovanni Raniolo, presidente del Consorzio Uva di Mazzarrone Igp, protagonista della rubrica “L’Altro Vissani” andata in onda all’interno della trasmissione “Estate in Diretta” e condotta dal noto chef Gianfranco Vissani. «La maggior parte è bianca, e la varietà Vittoria occupa il 60% della produzione. Iniziamo la vendemmia a fine maggio e si arriva sino a fine dicembre». Poi spazio al vulcanico Vissani che preparerà un “Trancio di baccalà con uva di Mazzarrone, salsa di pane tostato e julienne di sedano”.
Abbiamo contattato anche noi Giovanni Raniolo, per fare un po’ il punto della situazione a Mazzarrone, uno dei comprensori più importanti in Italia, insieme a quello pugliese, per la produzione di uva da tavola. «L’annata da noi è iniziata tra il 17 e il 20 maggio». Per ora sono state raccolte le varietà Victoria, Black Magic e quelle senza semi. «A breve inizieremo con la Red Globe e il 10 agosto è prevista la vendemmia dell’uva Italia, che quest’anno si presenta molto bene». Qui il clima è stato più mite rispetto alla Puglia, che invece è stata flagellata da pioggia e grandine. «Questo, sino ad ora – continua Raniolo – ci ha consentito di avere più spazio sul mercato con le vendite. Certamente ci siamo sino ad ora salvati».
Sul fronte dei prezzi all’ingrosso l’inizio non è stato dei migliori. «A inizio stagione i prezzi sono stati del 20/30% inferiori rispetto all’anno scorso. Poi, dopo il 15 giugno, il prezzo si è adeguato e siamo sui livelli medi di stagione». Quest’anno la produzione, a livello quantitativo, a Mazzarrone è stata inferiore del 20% rispetto al 2013 «ma non ci lamentiamo dal punto di vista qualitativo invece, perché abbiamo un migliore grado Brix rispetto all’anno scorso». Per ora il riscontro da parte dei mercati esteri è positivo, Russia ed Emirati Arabi per esempio. E a proposito di export, dove le uve senza semi sono quelle maggiormente richieste, il commento di Raniolo è di apertura. «In Sicilia le uve senza semi non sono ancora molto coltivate e rappresentano ad oggi circa il 10% della produzione totale. Ma ne stiamo testando comunque alcune varietà. I mercati del Nord Europa, ma non solo, le richiedono».