L’Italia produce circa 30 milioni di aglio per una superficie interessata intorno ai 3000 ettari. All’interno di questo universo ricco di estimatori, che ha tra i suoi maggiori concorrenti Spagna e Francia, ma soprattutto la Cina, il più importante produttore a livello internazionale, esistono nicchie di grande qualità e che non conoscono la parola crisi. L’Emilia Romagna è forse l’esempio più paradigmatico di questo comparto (500 ettari dedicati) con le provincie di Piacenza – dove troviamo il Consorzio valorizzazione promozione aglio bianco piacentino – e, in particolare, di Ferrara.
Qui, infatti, l’Aglio di Voghiera, prodotto certificato Dop, si è conquistato una piccola ma significativa fetta di mercato grazie a caratteristiche organolettiche uniche. I numeri parlano di 5 milioni di fatturato l’anno divisi tra 44 produttori e una richiesta in continua crescita. I motivi del successo sono molti, ma certamente, come ha spiegato Neda Barbieri al quotidiano QN, la severità del disciplinare di produzione è stata fondamentale: «Abbiamo ottenuto il marchio nel 2007 dopo una lunga battaglia, durata una decina di anni. Alla fine la nostra determinazione è stata premiata: aver ottenuto il marchio ci ha consentito un deciso salto di qualità».
A tutto ciò bisogna aggiungere l’investimento della regione sul miglioramento genetico di questo bulbo per incrementare qualità e caratteristiche produttive. Il Crpv (Centro ricerche produzioni vegetali), infatti, seleziona da anni tipologia ad alto contenuto di allicina, sostanza fondamentale dell’aglio, importante anche per l’industria farmacologica grazie alle sue doti antimicrobiche, ideali anche per prevenire patologie vascolari.