“Siamo già in recessione, perché stiamo spendendo di più per comprare meno”. Il tema dell’inflazione galoppante e la sua incidenza sui prezzi finali al consumatore, oltre che naturalmente sui costi, non poteva non essere uno degli argomenti intorno al quale si sono concentrate molte delle considerazioni di Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, durante la consueta conferenza stampa di fine anno.
I dati di preconsuntivo del leader di mercato (leggi qui), con una quota di mercato che ormai ha scavallato il 15%, sono tutti positivi, ma le preoccupazioni sono ora rivolte al 2023, anno nel quale si entra con un’inflazione ormai intorno al 15% e che pericolosamente potrebbe crescere ulteriormente nella prima parte del prossimo anno se tutti gli aumenti che l’industria sta già mettendo sul tavolo delle contrattazioni, secondo Pugliese, dovessero tutti essere accettati.
Troppi aumenti di listino da parte dell’industria
“Quasi 400 aziende hanno già chiesto aumenti di listino. Sono più che convinto che molti dovremo farli. Ma quali? E di quanto? E quando?” si chiede il manager che non intende divedere tra buoni e cattivi, vale a dire tra chi ha tutto il diritto di ritoccare i listini in alto a causa degli aumenti dei costi e chi invece sta speculando, ma che certamente intende fare dei distinguo tra le diverse filiere. “La filiera del pomodoro, ad esempio, ha già prodotto in estate quando era molto alto il costo del vetro, dell’energia e dei tappi. Gli aumenti sono quindi giustificati. Ma gli altri prodotti?”. Insomma c’è filiera e filiera, quindi va tutto ponderato con attenzione, anche perché il carrello della spesa si sta già impoverendo. Pugliese, quindi, chiede una proroga agli aumenti almeno per i primi tre mesi del 2023. “Dopo ci siederemo insieme e vedremo cosa fare”.
È possibile, però, guardare anche la parte piena del bicchiere secondo Pugliese. “Quando l’inflazione finirà, bisognerà cercare di riequilibrare il valore tra il campo e la distribuzione. Una delle categorie a più alta inflazione, ad esempio, non è quella del latte, come tutti dicono, ma quella della pasta. Nonostante l’inflazione che per questa categoria è praticamente al 30%, non ha perso volumi al contrario di altre. Questo perché con un chilo di pasta mangiano 12 persone, mentre ci sono caramelle che costano 45 euro al chilo. La vera scommessa, quindi, sarà dopo”.
La centralità dei prodotti MDD
Tra le conseguenze della crisi vi è l’ennesimo cambio di composizione del carrello della spesa, che non solo diminuisce in quantità, aspetto che accomuna anche i discount, sebbene la loro crescita sia sempre impetuosa, ma si riempie sempre più di prodotti MDD, ancor più strategici di prima per le insegne della Gdo, soprattutto quando hanno dalla loro un ottimo rapporto prezzo-qualità, come Conad rivendica. “Chi non ha un’adeguata offerta di prodotti a marchio soffre di più. Il 50% della crescita di questo settore in Italia l’abbiamo fatto noi” afferma Pugliese, forte di un dato che anche in questo caso vede Conad in cima per fatturato, 5,4 miliardi, e quota, 30,8%, che sale al 32,4% nei soli supermercati. In pratica, Conad vende un prodotto su tre a suo marchio. “Attenzione però, la dimensione della MDD è direttamente proporzionale alla marca”. Quindi, conclude Pugliese, chi si presenta sul mercato essendo già un marchio può fare delle strategie di lungo periodo. Un chiaro messaggio a chi, invece, somma sotto il proprio ombrello più insegne, come le centrali di acquisto.