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“Cosa aspettiamo ad ascoltare i consumatori di domani?”

Siamo sicuri di comunicare nel modo giusto con la generazione Z? Qualche riflessione a margine di una lezione di Mario Gasbarrino

Di recente, a Milano, alla fine di un suo intervento-testimonianza di oltre due ore davanti a giovani neolaureati, Mario Gasbarrino ha interrotto la lezione per fare lui, questa volta, qualche domanda.

Chi scrive ha la fortuna, oltre che la responsabilità e l’onore, di condurre ormai da anni un intenso seminario all’interno di un master universitario frequentato da chi intende lavorare nel mondo della comunicazione del vino e del cibo. Mario Gasbarrino, manager di lungo corso del mondo della grande distribuzione organizzata e che non ha certo bisogno di presentazioni su queste pagine, quando riesce a trovare uno spazio all’interno della sua vorticosa agenda, accetta volentieri l’invito di venire a parlare con gli studenti.

Mario Gasbarrino

“Vengo perché mi fa piacere restituire quello che so” mi dice sempre e, più che dare sfoggio delle tante, tantissime cose che ha fatto nella sua lunga carriera – non parlo al passato, anche perché è ancora saldamente in pista – solitamente cerca di tracciare il quadro della situazione, quello relativo ai consumi e la Gdo, senza troppi peli sulla lingua, come è nel suo stile, aspetto che chi è giovane apprezza sempre molto. Questa volta è stato lui a voler prendere qualcosa dagli studenti.

Sareste disposti a ricevere uno sconto sull’abbonamento di Netflix in cambio dell’inserimento di qualche spot pubblicitario nel palinsesto?

Quasi tutta la classe era disposta a spendere qualcosa in più, ma a non essere interrotta dalla pubblicità in cambio di uno sconto su netflix. Una risposta che non stupisce, probabilmente, anche se poi là fuori solitamente le regole di ingaggio che vengono utilizzate, anche con i giovani, sono sempre quelle del “ti do uno sconto in cambio di qualche cosa”.  Su linkedin, dove Gasbarrino ha poi rilanciato la questione, più di qualcuno ha risposto: “Forse è perché non pagano loro l’abbonamento”. Risposta solo in parte vera e che forse potremmo derubricare anche come un po’ da boomer. Le domande da porsi dovrebbero essere: non è forse giunto il momento di ribaltare i vecchi paradigmi? Non è forse arrivato il momento di smettere di inserire vecchi concetti in una scatola moderna per creare il futuro? 

La cosiddetta “Generazione Z” non distingue, ad esempio, tra discount e supermercati classici. O meglio: lo sa bene che nei primi si risparmia di più, ma non li sceglie solo in funzione di questo, ma con logiche differenti, che rispondono a esigenze legate alla velocità di spesa, ad esempio, ma anche di brand, altrimenti non avremmo assistito a scene da psicodramma collettivo per comprare un paio di sneakers blu e gialle qualche tempo fa.

Gasbarrino tolse volantini, promozioni e carte fedeltà nella sua precedente esperienza lavorativa, e la gente certo non scappò via. Anzi. Oggi si continua ancora, nel 2022, a discutere o meno dell’efficacia dei volantini – ogni anno, nel mondo, il 75% finisce direttamente nel cestino della spazzatura senza essere letto, pari più o meno a 600 milioni di euro – ma alla generazione che a brevissimo farà la spesa con i propri soldi, e non quelli dei genitori, temo che interessino poco o nulla. Indipendentemente dal fatto che si possano sfogliare su uno smartphone o inquadrare con un Qr Code, perché di questo si continua a discutere oggi, mettendo il vecchio dentro il nuovo. Ma questa non è innovazione.

Quanto vi lasciate “influenzare” e amate i cosiddetti “influencer”?

Il tema degli influencer è forse l’emblema, anche nell’ambito del wine & food e della filiera agroalimentare in generale, di quanto si continui a interpretarli con categorie del passato.

Gasbarrino si è portato a casa, dalle risposte della classe, la conferma di quello che probabilmente cercava. Sì, sanno chi sono, li seguono con i loro account, ma poi è tutto da verificare quanto li “influenzino” realmente nelle loro scelte. Insomma, non hanno l’anello al naso. Essendo nati e cresciuti nel mondo digitale, riescono probabilmente a interagire con più raziocinio e meno enfasi con gli influencer di quanto non lo facciamo noi boomer, a volte ossessionati, se non impauriti, dal loro seguito di follower, mettendo in campo iniziative di tutti i tipi per ingaggiarli a pagamento pensando poi di ottenere chissà quale effetto.

Gasbarrino è lui stesso un influencer, di quelli veri aggiungo io, in grado di scatenare discussioni e vero engagement senza bisogno di sponsor post, foto ritoccate con filtri e scelta maniacale degli hashtag da utilizzare. Il suo scetticismo nei confronti di questa categoria è probabilmente giustificato, ma temo che anche questo sia un non problema. La generazione Z è molto più consapevole e disincantata di quanto siamo disposti a voler pensare noi. Sebbene abbia forse (togliamo pure il forse) meno fondamentali di un tempo, ha anche meno sovrastrutture e ragiona in modo più pragmatico. Li osservano e si fidano se c’è sostanza. Senza pendere dalle loro labbra. Cosa, che forse, fanno invece i boomer, perché lo facevano già con i vecchi testimonal televisivi.

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