Coop prosegue il suo impegno nelle filiere etiche e, in particolare, in quella del pomodoro che proprio in agosto raggiunge in Italia i suoi picchi di vendite e consumi. Ritornano dunque sugli scaffali le cassette di pomodoro da conserva a marchio alle quali – da domenica 7 agosto, per tutto il mese – Coop affianca il prodotto della filiera etica targata “No Cap”. Nello specifico, si tratta di cassette da 3 chili di pomodoro da conserva, provenienti dalla filiera di agricoltura biologica certificata ed etica della stessa associazione impegnata nella lotta al caporalato.
Due casi di pomodori giusti
In entrambi i casi si tratta di pomodori raccolti in aziende che sottoscrivono stringenti capitolati per la tutela dei diritti dei lavoratori e della sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro. Inevitabile che l’impegno di Coop incontrasse l’energia di Yvan Sagnet, che nel 2011 a Nardò (Lecce) fu tra i padri delle proteste e degli scioperi contro il caporalato e lo sfruttamento della manodopera nei campi. Da quella esperienza nel 2017 è nata No Cap, l’associazione che fornisce consulenza per le filiere etiche, produce prodotti propri e si occupa anche della lotta al caporalato diffondendo il più possibile informazioni sul tema.
Latini: “Non cedere terreno su giustizia e legalità”
“La sostenibilità in tutti i suoi aspetti è la nostra strada – osserva Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia – La campagna Una buona spesa può cambiare il mondo del 2019 porta un messaggio ambizioso e un obiettivo altrettanto alto. Ci invita a scegliere prodotti, servizi e comportamenti sostenibili per ambiente e società. Perché la sostenibilità a tutto tondo (ambientale, sociale ed etica, ndr) sia uno standard accessibile a tutti. Capiamo che in momenti di difficoltà economica come questi che stiamo vivendo, è sempre molto difficile mantenere salda l’attenzione sul tema, ma è proprio ora che non bisogna cedere terreno sui temi di giustizia e di legalità e crediamo che la collaborazione con No Cap sia perfettamente associabile al nostro prodotto a marchio. Entrambe le nostre realtà attribuiscono il giusto valore al prodotto, benché dal punto di vista commerciale abbiano posizionamenti diversi”.
“Da anni Coop è in campo non solo contro il lavoro nero, ma per cercare di dare supporto attraverso iniziative proattive e non solo controlli – aggiunge Claudio Mazzini, responsabile freschissimi – Ad esempio, fornendo strumenti contro il lavoro grigio, quindi mansioni diverse da quelle attuate, imbarazzanti gap di genere, orari diversi da quelli dichiarati e così di seguito. Questo per aumentare la consapevolezza da parte delle aziende verso la parità. L’iniziativa con No Cap testimonia la presenza di un problema che ancora c’è, ma credo che gli imprendtiori più attenti abbiano già capito che avere una buona mandopera e fidelizzata sia direttamente proporzionale alla qualità complessiva di lavoro che si offre, non solo salariale”.
“Noi – conclude Mazzini – da anni proviamo a creare relazioni commerciali stabili e di lungo periodo, in modo che questa stabilità si riverberi su chi lavora (dall’imprenditore fino al bracciante agricolo) e possa diventare economicamente vantaggiosa per chi acquista e per chi consuma”.
Nuova collaborazione, vecchio impegno
L’impegno di Coop per una filiera etica del pomodoro da trasformazione e passata casalinga non è improvvisata: dal 2014 l’insegna ha commissionato più di 400 ispezioni corrispondenti a un equivalente numero di aziende agricole, a cui si aggiungono tutti gli audit di follow up.
In generale, però, dal 1998 la catena della grande distribuzione organizzata sensibilizza e promuove la cultura della legalità nelle proprie filiere di prodotti a marchio non solo attraverso ispezioni ma anche attività congiunte per aumentare il livello di consapevolezza della filiera.
In totale dall’inizio del progetto nel 1998 sono state oltre 2.300 le ispezioni totali sulle filiere dei vari prodotti, quando Coop fu la prima catena della grande distribuzione europea ad adottare e certificarsi secondo lo standard etico SA8000 per i controlli, chiedendo un forte impegno da parte di tutti i suoi fornitori, così da ottenere precise garanzie in tema di responsabilità sociale. Oltre al presidio sulle produzioni a marchio Coop, dal 2015 è stato ampliato l’impegno coinvolgendo e responsabilizzando tutti i fornitori di ortofrutta, anche non a marchio Coop, i cui prodotti sono distribuiti nei propri punti vendita.
Potenzialmente, l’ortofrutta è un’area di maggiore criticità e per questo motivo Coop ha avviato ulteriori ispezioni sul campo, secondo criteri e piani definiti. Sono stati coinvolti non soltanto i 135 fornitori ortofrutticoli di prodotti a marchio Coop, ma tutti gli oltre 800 fornitori di ortofrutta (per oltre 70mila aziende agricole). A tutti i fornitori Coop chiede di sottoscrivere l’adesione ai principi del proprio Codice Etico basato su SA8000, ILO e WEP che contempla una serie di impegni per il rispetto dei diritti dei lavoratori e prevede inoltre l’esecuzione di un piano di controlli a cui non si può venire meno, pena l’esclusione dal circuito.
Coop, un valore aggiunto nella lotta al caporalato
“Per contrastare il caporalato e lo sfruttamento lavorativo nel settore agricolo occorra partire dalla filiera dei soggetti che la compongono, dai lavoratori agli agricoltori, dalla distribuzione ai consumatori – spiega Yvan Sagnet, presidente associazione No Cap – La collaborazione con Coop Italia, tra le più grandi catene della distribuzione da anni impegnata contro lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, rappresenta un valore aggiunto importante nella lotta al caporalato. Come associazione operiamo in diverse regioni italiane: Puglia, Campania, Basilicata, Sicilia, Calabria per aiutare i tanti invisibili impiegati nella raccolta dei prodotti agricoli. La presenza in Coop Italia di prodotti agricoli etici è una occasione importante per accrescere il consumo consapevole”.