Dopo l’uscita di Pam lo scorso luglio e le presunte incertezze da parte di Carrefour, la supercentrale Aicube sembrava giunta al capolinea. Ma nel frattempo qualcosa è cambiato. “In realtà ero certo che avremmo ricucito un nucleo più importante e coeso di prima. Abbiamo aspettato un po’ a comunicarlo, ma Aicube non è mai stata in procinto di sciogliersi” spiega a myfruit.it Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé e attore protagonista di un accordo che per alcuni sembrava ormai tramontato. Vale a dire quello tra il colosso francese, guidato in Italia da Christophe Rabatel, e il più grande polo della distribuzione organizzata, presieduta da Nicola Mastromartino.
Santambrogio crede nella possibilità di poter lavorare insieme a Carrefour così come nell’idea di creare un’organizzazione che possa recitare un ruolo di primo piano all’interno dello scacchiere delle supercentrali di acquisto presenti in Italia.
La nuova Aicube riporta un 4.0 nel nome, “evocativo di modernità” secondo l’ad di VéGé: “Il retail tradizionale 1.0 è passato, il retail 2.0 è ormai vecchio, un’Alleanza con il 3 c’è già: ecco la nostra novità del retail 4.0″. Rispetto al passato ci sarà una vera e propria sede operativa, sicuramente posizionata a Milano.
Secondo l’elaborazione interna, basata su dati Nielsen (GNLC ed. Febbraio 2020) la nuova Aicube ha una market share del 12,7% e, in fase di negoziazione, si siederà davanti alle grandi multinazionali forte di circa 5.256 punti di vendita presenti in tutta Italia, per un fatturato complessivo al consumo, si legge nel comunicato ufficiale, “inclusi gruppi mandanti, superiore a 15,7 miliardi di euro”.
Un patto, quello stretto questa volta tra i due fondatori di Aicube, più forte rispetto al passato, perché, oltre a valere per tre anni è “senza facoltà di recesso anticipato“. E anche questa volta aperto ad altri soci. “Sì, altri attori si stanno già avvicinando a Aicube 4.0”, continua Santambrogio, nonostante già VéGé da sola unisca, da nord a sud della penisola, un numero consistente di aziende della moderna distribuzione, ma anche dell’universo cash & carry e discount.
Ma quale ruolo hanno oggi, le supercentrali di acquisto? “Checché se ne dica, la supercentrale serve davvero a creare equipollenza tra industria e distribuzione. Molte multinazionali hanno un grande potere: dall’ultima analisi di Ambrosetti è emerso, ad esempio, come operino con una posizione dominante in 57 categorie. Significa che sono bravi e che posseggono più del 40% del mercato in queste categorie e ne possono decidere il destino”.
Secondo Santambrogio, dunque, le supercentrali servono quindi per contrastare questo peso. Fanno quindi bene al sistema? “Certo, equiparano i poteri e aiutano tutte le piccole aziende agricole italiane“.