Funziona l’alto e il basso, mentre il cosiddetto “cuore di mercato”, vale a dire i prodotti mainstream, soffre. Insomma, parola d’ordine: polarizzazione. Succede nel grocery e quindi anche nel reparto ortofrutta.
“Però io ritengo che in ortofrutta non esistano prezzi alti e bassi: la partita si gioca sull’individuazione del corretto rapporto qualità-prezzo”. Ne è convinto Pier Luigi Lauriola, responsabile nazionale ortofrutta di Carrefour Italia, che ha spiegato a myfruit.it filosofia e strategia dell’insegna francese in questo settore strategico, durante l’ottava edizione del Salone Carrefour in svolgimento a Milano.
Piccoli frutti, una categoria “differenziante”
Sembrano lontani i tempi in cui i berries erano percepiti come una sorta di riempitivo del reparto ortofrutta, una categoria neanche troppo valorizzata e lasciata un po’ a sè stessa. In Carrefour, a detta di Lauriola, non è affatto così. Anzi.
“Uno degli assi portanti dell’ortofrutta in Carrefour è lo sviluppo di categorie differenzianti per seguire i nuovi trend di consumo”. E i piccoli frutti rientrano perfettamente in questa categoria: ”sono una famiglia su cui a livello di assortimento, segmentazione e sviluppo di prodotti a marchio abbiamo fatto un lavoro importante, che può essere riprodotto anche su tante altre categorie”. E i numeri stanno dando ragione a questa strategia: scartando i mesi estivi, dove la frutta di stagione domina assortimento e scelte dei consumatori, negli altri periodi dell’anno, i piccoli frutti, incluse le fragole, sono la famiglia che vende di più dopo gli agrumi nel reparto ortofrutta di Carrefour.
“Le fragole sono il prodotto più venduto, seguono i mirtilli. Non a caso sono stati inseriti formati più grandi, venduti in determinati periodi, da 1 chilo e da 500 grammi. Ormai il trend di consumo è cambiato e si lavora su formati più grandi”.
Focus sulla convenienza
Se i prodotti premium a marchio, anche nell’ortofrutta, funzionano e viaggiano lungo un loro binario in discesa, sempre che si selezionino i fornitori giusti, arrivano risultati importanti anche tra i prodotti definiti “convenienti tutti i giorni”. In questo caso Carrefour si muove lungo due direzioni: da una parte una serie di prodotti a 1 euro, al pezzo o al chilo, dall’altra i prodotti di ingresso, con il prezzo “più basso”.
“Nel primo caso troviamo le buste di IV gamma così come svariate referenze di frutta e verdura. Nel secondo caso abbiamo prodotti che, sebbene organoletticamente perfetti, hanno difetti estetici o calibri più piccoli”. Si tratta di un lavoro circolare quello che si instaura con i fornitori, dai quali Carrefour spesso compra tutto il raccolto, compresi i prodotti che potremmo definire “brutti ma buoni”, ma dal gusto in linea con lo standard della categoria.
Prodotti a marchio fondamentali, e lo sfuso è come se lo fosse
I prodotti di importazione, quelli “ready to eat”, ma anche “to cook” ed infine i “Pronti in tavola” completano un‘offerta che va incontro a dinamiche di servizio tipiche di determinati periodi dell’anno o di specifiche esigenze di consumo. Ma che peso hanno nell’ortofrutta i vari marchi sviluppati da Carrefour?
“Se escludiamo i prodotti industriali come la IV gamma, i prodotti ortofrutticoli a marchio Filiera Qualità Carrefour hanno un’incidenza dell’11% rispetto al totale ortofrutta, il 5% è rappresentato dai prodotti Terre d’Italia, infine c’è un 5% di prodotti biologici”. C’è poi lo sfuso che, sebbene non brandizzato dall’insegna, è in realtà come se lo fosse, considerando che una volta messo nel sacchetto e pesato ha un’etichetta con il marchio Carrefour.
“Ed è quella che il cliente si ricorda alla fine – conferma Lauriola – Ecco perché garantiamo anche nello sfuso una certificazione sull’origine, la tecnica di lavorazione e quella di trasformazione in magazzino”. Il bio continua a essere importante? “Direi proprio di sì, il 25% delle vendite bio di Carrefour sono coperte dall’ortofrutta – conclude il manager – Quest’anno abbiamo avuto problemi di quotazioni e disponibilità a causa del clima e i prodotti bio sono stati primi a risentirne, ad esempio abbiamo avuto difficoltà a reperire mele e limoni bio. Teniamo conto, comunque, che una quota di ortofrutta bio come la nostra non è comune in Italia”.