Saper interpretare la crescente richiesta di sostenibilità, non solo ambientale, ma anche sociale ed economica, allo stesso tempo riuscendo a coinvolgere, virtuosamente, in questo percorso le aziende partner. È uno dei aspetti che caratterizza, secondo il position paper realizzato quest’anno da The European House Ambrosetti per ADM (Associazione Distribuzione Moderna), i prodotti a marchio del distributore (MDD).
L’antipasto di Marca, la fiera dedicata ai prodotti delle insegne della distribuzione moderna al via domani a Bologna, si è come di consueto tenuto a Milano all’interno di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione di Giorgio Santambrogio, presidente di ADM e amministratore delegato di Gruppo VéGé, Valerio de Molli, Managing partner e Ceo di The European-House Ambrosetti e Domenico Lunghi, direttore business unit private label, food & pet industry di Fiera Bologna.
Essere sostenibili, inoltre, secondo quanto emerge dal corposo studio di Ambrosetti – la versione completa verrà mostrata durante il primo giorno di Marca – fa anche bene, non solo all’ambiente, ma anche ai conti economici delle aziende che l’hanno messa al centro delle loro priorità, tra le quali le insegne della grande distribuzione e i partner, perlopiù piccole medie aziende italiane, che realizzano i prodotti a marchio di quest’ultimi.
MDD, un comparto in salute
I dati completi verranno mostrati durante la seconda giornata di Marca, nell’anticipazione emerge come i prodotti a marchio continuino a mostrare segni di salute. Il fatturato nel 2019 è cresciuto del 4,1%, pari a 10,8 miliardi di euro. Anche la quota di mercato è lievemente aumentata, dello 0,8%, arrivando ora al 19,9% con una previsione di superare la soglia del 20% alla fine di quest’anno. I prodotti a marchio sono cresciuti tre volte di più di quelli dell’industria alimentare dal 2003 a oggi e valgono il 30% della crescita totale di quest’ultima.
Aziende italiane indietro, non la distribuzione moderna
Se la sostenibilità è un tema imprescindibile per qualsiasi attore della produzione alimentare e non, lo è ancora di più per la distribuzione moderna, a contatto quotidianamente con chi la richiede a gran voce, vale a dire il consumatore finale. Ma i consumatori riescono a soddisfare le esigenze di sostenibilità quando vanno a fare la spesa? Secondo lo studio di Ambrosetti, all’interno di uno scenario dove c’è ancora tanto da fare in questo senso – circa la metà delle aziende italiane non possono essere considerate sostenibili – le insegne della distribuzione moderna si distinguono per una certa virtuosità che ha come cartina di tornasole i prodotti a marchio (MDD) e i partner che li producono (secondo lo studio meglio usare d’ora in poi questo termine rispetto a quello non più attuale di co-packer). E, d’altronde, dal lavoro si evince come le aziende più altamente sostenibili siano anche del 10,2% più produttive rispetto a quelle che non lo sono.
Gli obiettivi “sostenibili” per la distribuzione moderna e i prodotti a marchio
Ambrosetti ha definito cosa intenda la distribuzione moderna con il termine sostenibilità, alla luce del fatto che una definizione condivisa non esista in questo momento. Non solo ambiente: ma anche persone ed economia. Per comprendere il fenomeno, quindi, bisogna prendere in considerazione le famose tre gambe della sostenibilità, che non si riducono solo ai temi, seppur più mediatici e decisamente attuali, che riguardano il clima o l’ambiente* (vedi sotto la definizione completa definita da ADM).
All’interno di questo circolo virtuoso che coinvolge tridimensionalmente tre aspetti, secondo Ambrosetti la distribuzione moderna e i suoi prodotti stanno perseguendo l’obiettivo della sostenibilità: il 60% delle insegne, infatti, ha già definito al suo interno obiettivi di sviluppo sostenibili e bilanci che ne monitorano il raggiungimento. Quali sono? I più ricorrenti la riduzione della plastica negli imballaggi, la tracciabilità della filiera dei prodotti MDD, la tutela del benessere animale e la riduzione delle emissioni nella fase logistica/distributiva.
Questo a cascata sembra ripercuotersi anche nei confronti delle aziende che forniscono i prodotti a marchio del distributore. Dalla survey di Ambrosetti, che ha intervistato anche un cospicuo numero di partner dei prodotti MDD di piccole e medie dimensioni (con un fatturato al di sotto dei 150 milioni di euro), è emerso come nelle aziende partner più esposte in termini di produzione di questi prodotti, il 75% di esse ha introdotto obiettivi di sviluppo sostenibile al proprio interno e al suo interno ha governance che presidiano i i temi della sostenibilità.
I prodotti a marchio generano sostenibilità per il paese
Sempre secondo questo schema di analisi, Ambrosetti ha valutato anche l’impatto occupazionale “causato” dai prodotti a marchio, aspetto non secondario sul fronte della sostenibilità sociale: se in generale la distribuzione moderna ha 410mila occupati diretti, si stima che i prodotti a marchio sostengano lungo tutta la filiera, tra diretti e indiretti, circa 220mila lavoratori. Insomma, un esercito equivalente al numero di occupati presente nelle strutture alberghiere in Italia o maggiore di coloro che lavorano nel settore della fabbricazione di calzature e di articoli in gomma, comparti non certo secondari in Italia. Le aziende partner più impegnate nella realizzazione dei prodotti a marchio, quindi, secondo lo studio, vedrebbero aumentare ricavi, numero di dipendenti e valore aggiunto, con un impatto sulla sostenibilità economica decisivo.
Sul fronte della sostenibilità ambientale lo studio pone l’accento sul recupero delle eccedenze alimentari messe in campo della distribuzione moderna, aumentate di 6 volte negli ultimi 7 anni e pari 12.400 tonnellate, o il risparmio di consumo energetico dei moderni supermercati, diminuito del 30% dal 2005 a oggi, così come quello idrico, con 112 milioni di litri di acqua consumati in meno in un anno.
*La definizione di sostenibilità secondo ADM: “La Marca del Distributore vuole indirizzare una visione sostenibile di sviluppo e consumo. Per ottenere prodotti di qualità a prezzi competitivi, la Distribuzione instaura con i fornitori della Marca del Distributore rapporti di lunga durata, basati sulla valorizzazione delle rispettive competenze. Ciò consente di avere condizioni certe nel tempo per potersi sviluppare e fare investimenti in logica di sostenibilità, generando in questo modo una filiera “responsabile”. I prodotti a Marca del Distributore realizzati sempre più secondo criteri di tutela ambientale, economia circolare, rispetto delle condizioni di lavoro e benessere animale, offrono una risposta concreta alla crescente richiesta di sostenibilità delle famiglie e un’opportunità per un consumo consapevole. È un circolo virtuoso che parte da una sostenibilità economica che alimenta e genera sostenibilità ambientale e sociale nei prodotti e nelle aziende che a loro volta creano nuovo benessere economico e fiducia nei clienti, in una spirale positiva dove tutti ne hanno beneficio”.