Alcuni l’avevano previsto, altri pensavano che invece l’irrisorio costo tra 1, al più 2 centesimi, non potesse influire in modo decisivo se non nel primissimo periodo, ma non nel lungo. E invece è successo. Gli italiani nel primo trimestre del 2018 hanno comprato più frutta e verdura confezionata rispetto a quella sfusa. Il motivo? Quello che Ismea, dopo i risultati di un’indagine condotta insieme a Nielsen su un panel di 9000 famiglie italiane, chiama “effetto sacchetto”.
Se da un lato gli acquisti di frutta e verdura nel primo trimestre del 2018 sono aumentati in quantità dell’1% a causa dei prezzi più bassi (soprattutto ortaggi, patate e IV gamma, calo invece della frutta di circa il 10%), dall’altro le vendite di questi prodotti confezionati sono schizzate in alto come non era mai successo in passato. E il motivo è imputabile all’ormai famigerata applicazione della legge 123/2017 che obbliga supermercati e in generale tutti i negozi che vendono frutta e verdura a far pagare i sacchetti bio.
Lo sfuso è sceso del 3,5% con relativo calo della spesa del 7,5%, mentre l’aumento delle vendite di frutta e verdura confezionata si attesta a +11% a volume e a +6,5% a valore. Secondo il rapporto Ismea è probabile che abbia influito anche il “forte seguito mediatico attribuito all’evento” nei primi giorni dell’anno che in effetti ha catalizzato l’attenzione di giornali generalisti e social in modo massiccio.
“La novità e la sorpresa contenuta nei dati relativi al primo trimestre 2018 sta nella forza impressa a questa tendenza dall’entrata in vigore della nuova disposizione. Infatti, nel primo trimestre 2018 le vendite di ortofrutticoli confezionati rappresentano il 32% del totale contro il 29% del primo trimestre 2017”.
Una crescita avvenuta per risparmiare, quindi, sul costo dei sacchetti, nonostante il confezionato costi mediamente il 43% in più, “anche se non mancano le eccezioni costituite da prodotti di calibro o qualità superiore rispetto al confezionato” conclude Ismea. “È il caso, ad esempio, degli agrumi e delle patate le cui vendite di sfuso avvengono a prezzi superiori rispettivamente del 6 e del 2%. Nel caso dei pomodori, invece, il “confezionato” costa ben il 75% in più dello “sfuso”.