Basta sprechi alimentari. Basta, per esempio, considerare anormali frutti e ortaggi solo per motivi estetici. L’esortazione arriva dalla Commissione del governo britannico che si occupa di ambiente e alimentazione. Nell’ultimo report dedicato al tema dello spreco alimentare nel Regno Unito, infatti, si stima che i rifiuti alimentari costino circa 200 sterline ad ogni abitante e che venga gettato cibo per circa 10 miliardi di sterline.
Che fare? Secondo la Commissione da un parte il governo dovrebbe impegnarsi a fissare un chiaro obiettivo circa la riduzione dei rifiuti alimentari, dall’altra anche i supermercati dovrebbero fare la loro parte. Come?
Ridistribuzione delle merce in eccedenza: si può fare di più
Il rapporto cita alcune catene di supermercati inglesi che si sono distinte in fatto di trasparenza circa i dati dei rifiuti alimentari presenti all’interno delle loro strutture: per esempio loda Tesco così come Sainsbury, anche se quest’ultima viene esortata a fare di più. Ma il fatto che nessun altro retailer abbia seguito il loro esempio, secondo il rapporto della Commissione, dimostra come lasciare alla singola volontà delle varie insegne la lotta allo spreco alimentare non serva a molto. “Il governo deve obbligare altri importanti supermercati ad essere trasparenti sui rifiuti alimentari” si legge nel Rapporto. Quindi, sebbene sia positiva la volontà da parte di alcuni supermercati di ridistribuire, per esempio, il cibo in eccedenza, nel complesso “bisogna fare di più” perché comunque è presente “un’enorme quantità di cibo in eccesso che attualmente non viene ridistribuita”.
Frutta e verdura imperfetta. Una pratica da perseguire
Un altro punto sul quale si concentra il Rapporto è quello della vendita di “wonky vegetables”, un tema certamente non nuovo. Spesso viene citato l’ormai famoso caso dei supermercati francesi Intermarché (divenne celebre la campagna dal titolo “Fruits et legumes moches”), anche se i casi di sperimentazione di vendita di frutta e verdura dalle forme curiose o comunque non perfettamente in linea con i classici parametri estetici richiesti dalla grande distribuzione ormai sono molti e quasi sempre di successo e gradimento da parte dei consumatori.
Il rapporto della commissione britannica esorta i supermercati a rivedere i parametri prettamente estetici con i quali scelgono frutta e verdura: a causa di questi, infatti, in Uk sarebbe in atto una vera e propria “discriminazione” nei confronti di quella frutta e verdura dalle forme bizzarre o comunque non bella, ma perfettamente sana. Ad esempio il 5-25% di mele, il 9-20% di cipolle e il 3-13% di patate viene respinto dai supermercati britannici. Sebbene casi virtuosi di vendita di ortofrutta difettata non manchino ed abbiano ottenuto un ottimo successo, il Rapporto invita ora le insegne della grande distribuzione a “normalizzare” questa vendita facendo diventare questi prodotti parte integrante dei loro assortimenti di frutta e verdura.
Forse è prematuro pensare, come si domanda The Telegraph nel titolo del suo articolo, che sia arrivata la fine della frutta e verdura perfetta, ma certo questa presa di posizione “istituzionale” a favore di quella imperfetta potrebbe dare la spinta definitiva al suo sdoganamento. Sarebbe un cambio che potrebbe avere non poche ripercussioni anche in altri paesi, considerando, nonostante la Brexit, quanto siano comunque influenti anche altrove le scelte che vengono prese nella grande distribuzione anglosassone.
Foto in alto: una cassetta di frutta e verdura imperfetta in vendita presso Asda da febbraio del 2016