Nella nostra rassegna stampa di sabato abbiamo riportato la notizia della chiusura di un negozio di ortofrutta tradizionale del centro di Parma (vedi qui). Dopo quasi trent’anni di gestione il fruttivendolo Sergio Meli va in pensione. Per il momento anche lui non sa ancora che cosa sarà offerto al pubblico in questo posto, finora nessuno si è fatto avanti.
È una delle tante storie frutto dei cambiamenti che stanno investendo anche il nostro paese. Le abitudini della vita tradizionale, che generavano un reddito decoroso, vengono spazzate via dalle esigenze di quella moderna: la spesa una volta la settimana, i parcheggi, i prezzi degli affitti nelle vie del centro, la nascita di grandi supermercati in periferia. Tutto ciò ha prodotto una rarefazione dei piccoli negozi di vicinato. E Sergio Meli ne è un esempio.
Ma è anche un esempio negativo. Lui stesso dichiara che per quasi 30 anni non ha mai fatto ferie. È pensabile che un giovane o una coppia di giovani sia attratta da prospettive di questo genere? Non è pensabile una forma più agevole e più appetibile di vendita di ortofrutta al dettaglio? Ci deve essere e deve essere trovata! L’alternativa è quella di lasciare questo tipo di servizio agli immigrati.
Siccome questa non può essere la soluzione vediamo cosa può essere fatto per soddisfare sia i consumatori che gli imprenditori. Come sempre bisogna partire dai consumatori e capire le esigenze delle famiglie che continuano a cambiare: quasi un terzo della gente viva sola, la media delle famiglie è poco sopra le tre unità, quasi sempre lavorano fuori casa almeno in due e fanno gli acquisti importanti una volta alla settimana caricando pesi non indifferenti sulle loro autovetture. La conseguenza di questa vita è un gran numero di pasti fuori casa e di tanti snack durante la giornata. Queste stesse persone, però, sono bombardate da tutti i media anche da informazioni ambientali e salutistiche: diventano, quindi, più consapevoli del ruolo che l’alimentazione gioca sul loro stato di salute. nonché più raffinati in fatto di gusti.
Questo consumatore tipo, che avrà un’età fra i 30 ed i 55 anni, sarà attratto da una serie di dettagli e servizi che un negozio dovrà necessariamente prendere in considerazione e cercare di soddisfare il più possibile: parcheggio abbastanza agevole, igiene e qualità garantita, più attenzione all’assortimenti di prodotti biologici, bontà e dolcezza assicurata, confezioni non troppo grandi, disponibilità a offrire le novità del mercato e le marche pubblicizzate dai media, consegne a casa, ampia scelta di prodotti ortofrutticoli ma anche di prodotti alimentari di prima necessità. Sarà difficile che, in futuro, tutto questo possa essere offerto, come nel caso di Parma, da marito e moglie. Ci vorrà almeno un socio o un commesso o due per darsi il cambio. Se le casse sono più di una ci sarà bisogno di un organico adeguato. Questo è necessario anche per render più vicino ad altri mestieri (anche per un ricambio generazionale più agevolato) il mestiere del fruttivendolo. Deve esser possibile fare orari di massimo 8-10 ore al giorno, dev’essere possibile fare le ferie per almeno 2-3 settimane l’anno, sono necessarie forme di approvvigionamento delegate, frutto di coinvolgimento o di associazionismo che evitino le faticose ore notturne nell’ortomercato.
Non bisogna, poi, dimenticare la formazione che deve migliorare ed adeguare continuamente la professionalità imprenditoriale dei responsabili. Non si tratta solo di aspetti amministrativi o tecnici, ma anche di innovazione del punto vendita. Parole come merchandising, category management o vending machines non devono essere delle formule sconosciute, ma far parte della vita quotidiana come ormai il computer e più recentemente gli smartphone o i tablet. Internet può dare grande aiuto anche in questo campo. Visitare regolarmente ed assiduamente siti come il nostro old.myfruit.it, dedicato esclusivamente alla vendita al dettaglio di ortofrutta fresca, potrà aiutare il cambiamento, l’adeguamento e l’innovazione in genere. Dopo tutto questo lungo discorso non si può tacere sull’aspetto dei prezzi e dei margini. Sono ovviamente importanti, ma è bene ricordare come in tutte le indagini di mercato occupino non il primo posto. In tempi di crisi il portafoglio domina tutti gli acquisti, ma quel che conta per il consumatore medio non è tanto il prezzo al kilo quanto l’importo evidenziato dallo scontrino. Piuttosto che negarsi qualche piccolo piacere ridurrà i quantitativi, ma raramente la qualità. Ha già da tempo migliorato l’attenzione agli sprechi e se le statistiche riportano cali di consumi in percentuale una buona parte è causata anche dalla maggior oculatezza imposta dalle ristrettezze generalizzate recenti.