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Resistere a costi più alti e speculazione? Con l’innovazione

Gli spunti del convegno di Nomisma moderato da Paolo De Castro. Il caso positivo della Princes

I consumatori chiedono più qualità e sostenibilità, cibo sano e pulito. Bene, ma gli agricoltori spendono di più per produrlo. E spenderanno sempre di più, visto che entro il 2030 c’è da dimezzare l’uso di agrofarmaci, antibiotici (-50%) e fertilizzanti (-20%). Obiettivi della strategia Farm to Fork generata dal Green Deal.

Investimenti da fare in uno scenario geopolitico dominato dalla guerra in Ucraina che agevola i movimenti speculativi della finanza a scrupoli zero e dagli shock energetici, non naturali ma frutto di strategie mirate.
E che dire del cibo sintetico sfornato dai bio reattori? Le mitiche pillole, magari in forme più naturali, che coloravano fumetti e cartoni di una fantascienza sempre più coniugata al presente con laboratori del cibo al posto degli agricoltori nei campi.

Tutto male? Non è detto. Oltre i rischi ci sono le opportunità offerte dall’innovazione che, come la rivoluzione, non è un pranzo di gala. Ma non mancano le risorse per attuarla: da quelle della programmazione europea 2021/2027, fino al Pnrr. Questo il menù al centro del tavolo imbandito da Nomisma che ha messo a confronto, con la regia di Paolo De Castro nel ruolo di presidente del comitato scientifico di Nomisma, esperti e rappresentanti del mondo agricolo.

Non siamo autosufficienti perché esportiamo tanto

De Castro ha introdotto il dibattito citando e mostrando le slide dell’ultimo Eurobarometro, basato su un’indagine realizzata tra febbraio e marzo scorso. Un cittadino europeo su due mette al primo posto la produzione di cibo sostenibile e per un altro 26% diventa prioritaria la garanzia di fornitura costante di alimenti. Sostenibilità e food security devono viaggiare insieme. Manca cibo? Non proprio. Se guardiamo all’Italia apparentemente molte filiere di per sé non sono autosufficienti. La conferma arriva dal trend dell’import di prodotti agricoli. Cresciuto negli ultimi venti anni di oltre l’80%, fino ai 16,3 miliardi nel 2021. Nessun allarme, le importazioni sono funzionali alle esportazioni che nel food&beverage e derivati del tabacco sono più che triplicate (+216%), passando da 14 a oltre 44 miliardi.

Salvare competitività e qualità con la tecnologia

Nello scenario globale non si può certo competere riducendo il costo del lavoro, esiste un dumping sociale che spinge fuori strada tante aziende che non possono competere con chi paga 50 centesimi l’ora i lavoratori. Ma ci sono altre soluzioni.

Per De Castro “l’innovazione, ad esempio attraverso l’utilizzo del digitale e delle tecnologie di evoluzione assistita, rappresenta l’unica leva strategica in grado di permettere la cosiddetta intensificazione sostenibile, vale a dire livelli di produzione agroalimentare più alti e di qualità preservando le risorse naturali, un combinato disposto divenuto imprescindibile”.

Sull’energia puntare sulle rinnovabili finanziate dal Pnrr

C’è allarme internazionale sul fronte cibo, ma  Stefano Vaccari, direttore generale del Crea, fa un’utile precisazione: “Tre Paesi arabi spendono 17 miliardi in armi, il rincaro del cibo è di mezzo miliardo“. Semplice e banale la ricetta per evitare le ricorrenti rivolte del pane degli ultimi 30 anni.

“Non c’è rischio di crisi alimentare, c’è crisi della finanza. C’è più cibo e ci sono prezzi più alti. I cambiamenti climatici impattano più violentemente sulle agricolture fragili e povere; quelle più forti sono più resistenti e resilienti”. Merito della ricerca. “Noi produciamo valore, non cibo. Questo significa che innovazione e formazione sono i naturali binari per correre sul mercato mondiale. Il Crea nel 2021 ha sviluppato oltre mille progetti di ricerca, tasselli potenti di crescita per l’agroalimentare. Abbiamo ora bisogno di concentrare gli sforzi della ricerca agricola su pochi, chiari campi di azione, come la genomica, l’agricoltura di precisione, la sostenibilità e le agroenergie. Oggi le risorse pubbliche scientifiche, specie quelle del Pnrr, sono estremamente frammentate non governate dal mondo agricolo: su questo speriamo che vi sia un cambiamento di rotta”.

Guerra al cibo sintetico che farà sparire gli agricoltori

Anche Alessandro Apolito, capo servizio tecnico gabinetto di presidenza e segreteria generale Coldiretti, nel suo intervento ha puntato su innovazione e sostenibilità attraverso gli accordi di filiera. “E’ necessario continuare a sostenere gli investimenti delle aziende, puntando su innovazione e agricoltura 4.0 per ridurre l’uso delle risorse e aumentare la produttività. I contratti di filiera del Pnnr vanno in questa direzione e Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è pronta a presentare tanti progetti operativi e sostenibili”. Interessante l’analisi sul cibo sintetico: “Aumentano i prezzi, aumenta la speculazione e i giochi in borsa. Il maggior costo della sostenibilità deve essere condiviso dall’ingaggio del consumatore. Si parla di cibo sintetico: la distruzione dell’agricoltura perché basteranno i bioreattori e non serviranno più gli agricoltori”.

La sostenibilità economica, ambientale e sociale alla Princes

Un modello per resistere e governare le transizioni, al plurale, viene offerto da Gianmarco Laviola, amministratore delegato di Princes Industrie alimentari, che ha illustrato strumenti e processi innovativi in grado di permettere una sostenibilità a 360 gradi (ambientale, sociale ed economica) per tutta la filiera. “Promuovere la sostenibilità nell’industria del pomodoro non significa solo introdurre tecnologie avanzate nelle nostre produzioni ma investire nel ruolo della filiera per dare prospettiva di crescita al comparto, soprattutto in un contesto di grandi tensioni internazionali e di pressione sui costi delle materie prime. Princes si impegna in questa direzione per tutelare e sostenere il pomodoro etico e 100% made in Puglia in tutto il mondo, sia attraverso uno specifico e rivoluzionario accordo di filiera stretto con Coldiretti, sia con iniziative concrete sviluppate con le rappresentanze dei lavoratori e le associazioni che combattono il fenomeno dello sfruttamento del lavoro”. In concreto organizzano anche corsi sui diritti umani e con i produttori gli accordi sono triennali ovvero meno ansia, più tranquillità e maggiore programmazione.  E con la tecnologia alla Princes hanno ridotto del 25% il consumo di acqua e del 30% l’uso della chimica.

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