Dopo la tavola rotonda di ieri a Milano, dal titolo “Articolo 62: What’s next?”, che si è svolta a latere della presentazione della ricerca che il mensile Mark Up ha commissionato a Duepuntozero Doxa e Dialogica sulle previsioni degli effetti dell’articolo 62 su industria e distribuzione, un aspetto appare chiaro: sembra ancora lontano il momento del dialogo e del compromesso tra le parti. Nonostante la comune ammissione di aver perso tempo, in tutti questi anni, sul tema dell’autoregolamentazione di un argomento stringente e delicato come quello dei tempi di pagamento, non sembra che ora, dopo che lo Stato è intervenuto con l’entrata in vigore dell’articolo 62 a fine ottobre dell’anno scorso, industria e distribuzione siano disponibili al dialogo. Le posizioni rimangono ferme, in netto contrasto.
Se da una parte l’industria, e con essa Federalimentare, sebbene auspichi correttivi e miglioramenti, non mette in discussione l’impianto generale dell’articolo 62, dall’altra il variegato mondo della distribuzione moderna (Gd e Do), non solo non lesina aspre critiche, ma non nasconde il desiderio che venga completamente stravolto il senso del decreto ministeriale. «Non è vero che dato che ormai l’articolo 62 c’è, ce lo dobbiamo tenere – ha affermato con forza Vincenzo Tassinari, presidente del Consiglio di Gestione Coop – Abbiamo già scritto al Presidente del Consiglio ma non abbiamo avuto alcuna risposta. Non è vero, come disse il Ministro Catania che l’Europa ci avrebbe seguito su questa norma».
Non meno dure le critiche di Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione: «Antitrust e Ministero dello Sviluppo Economico non ne sapevano nulla dell’articolo 62! È stato un golpe della grande industria». Luigi Pio Scordamaglia, presente al dibattito con la duplice veste di amministratore delegato di Inalca e vicepresidente di Federalimentare, ha respinto le accuse rivolte alle grande industria di essere stata il regista della legge: «Anche noi non ne sapevamo nulla. In realtà è stato il mondo agricolo a volerlo».