Chimica e ortofrutta. I Dati dell’Agenzia per la Sicurezza alimentare.

Nel 2009 il 97,4% dei prodotti analizzati rispetta i limiti sull’utilizzo di fitofarmaci

“La scelta di vendere prodotti tutti uguali è dettata da logiche commerciali, che la grande distribuzione e non solo quella, negli ultimi anni, ha esasperato. Le mele devono essere lucide, le arance grandi (ma più sono piccole e maggiore è la concentrazione di antiossidanti), le prugne ricoperte da cera e così via”. Così, in un articolo pubblicato venerdì 30 marzo su l’Espresso, afferma Marco Hrobat, agronomo e vicepresidente dell’Associazione Nazionale Direttori Mercati all’Ingrosso. La mini inchiesta punta il dito sulla chimica presente nella produzione di frutta e verdura finalizzata ad ottenere prodotti belli e che, soprattutto, durino più del normale. Molti i fitofarmaci ultilizzati, sottoposti però “a normative europee che fissano limiti molto rigidi, usate praticamente in tutte le colture non biologiche”. Se negli anni ’90 erano circa 800 i prodotti consentiti tra insetticidi e fungicidi, oggi si è passati a 200, con il risultato che meno del 2% dei campioni utilizzati in Italia presenta limiti superiori di agrofarmaci rispetto i limiti consentiti. Secondo l’Agenzia per la Sicurezza alimentare (Efsa9) e il suo rapporto annuale relativo al 2009 i controlli hanno rilevato come il 97,4% di oltre 68mila campioni analizzati rientra entro i limiti, con una quota molto consistente, il 61,4%, risultata completamente priva di residui misurabili.

Fonte: espresso.repubblica.it

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