Segni di tutela o abusi commerciali? Il moltiplicarsi dei marchi Dop e Igp italiani (213 quelli registrati finora, a fronte dei 176 e 140 di Francia e Spagna) suscita dubbi negli addetti ai lavori, che ne hanno discusso all’ultimo Salone del Gusto. Secondo un articolo apparso il 25 ottobre su La Stampa, che cita i dati di un recente rapporto ISMEA, ad un export in crescita (+15,4% nel 2009) corrisponde un calo del mercato interno (-1,3%). Una situazione schizofrenica, denuncia l’assessore all’Agricoltura pugliese Dario Stefano: “mentre il made in Italy di qualità è premiato all’estero, i consumatori nostrani sono disorientati dall’eccesso di marchi. Occorre invece aggregarsi, non parcellizzarsi”. Parole riprese dal patron Carlin Petrini, il quale sottolinea il divario tra cuochi e contadini, “costretti a convivere qui al Salone e Terra Madre”: i primi, paladini della qualità; i secondi che non sono messi in condizione di valorizzarla. Tra i lodevoli tentativi di stringere il legame tra cucina e agricoltura, rientrano gli “orti di prossimità” ideati dalla CIA: progetti di co-gestione dei campi che tutelano freschezza e qualità dei prodotti eliminando allo stesso tempo gli invenduti.
A Torino il Gusto… della polemica
Dibattito aperto sui marchi di qualità italiani
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