Voglia di “new local”

Secondo il VII “Rapporto sullo stato dell’agroalimentare in Italia”, qualità e innovazione devono legarsi nuovamente al territorio, per prevenire abusi e frodi e rilanciare l’immagine italiana

Uscire dalla logica dell’agribusiness per tornare a una dimensione qualitativa e di sicurezza più a misura del consumatore di questo inizio di terzo millennio, stanco di scandali legati al cibo e di prodotti agricoli che hanno perso sapori e profumi sull’altare dell’efficienza produttiva a tutti i costi. Il settimo “Rapporto sullo stato dell’agroalimentare in Italia”, curato da Fausto Cantarelli, presidente dell’Accademia alimentare italiana e frutto di una collaborazione tra Camera di Commercio di Parma e Fondazione Monte di Parma (edito da Mup) fa emergere questo primo segnale di inversione di tendenza. «Dopo due secoli di forte accelerazione demografica e di spinta produzione alimentare – sottolinea l’autore – in tutti i paesi a economia avanzata, è emersa una tendenza che sta spingendo a riscoprire la qualità a spese degli standard alimentari che, senza sapore, né odore, né colore, parevano essere diventati dominanti». Lo scopo è quello di valorizzare la storia agroalimentare nazionale, con i suoi tanti localismi d’eccellenza, puntando a una nuova convivialità che riunisca la tradizione produttiva con i nuovi criteri del marketing territoriale. Cercando di stabilire un rapporto più stretto tra agricoltura, industria di trasformazione e territorio, che possa impedire fenomeni di frodi, contaminazioni nocive per la salute con conseguente perdita di fiducia da parte dei consumatori.

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