Turni infiniti, sette giorni su sette, per pochi spiccioli. Arriva dal Veronese l’ennesima storia di sfruttamento e di capolarato che coinvolge braccianti stranieri. Lo racconta il Corriere Veneto in un articolo firmato da Laura Tedesco.
Turni massacranti e insulti
La vicenda è arrivata in Tribunale, a Verona, dove le due vittime e l’Osservatorio migranti si sono costituiti parte civile.
Il capo d’accusa è chiaro: nonostante un’apparente regolarità del rapporto di lavoro, i braccianti erano costretti a lavorare sette giorni su sette, per un numero infinito di ore. Il tutto con un trattamento retributivo che prescindeva dal contratto di lavoro stipulato, e che prevedeva una paga netta oraria compresa tra i 2 e i 3 euro, erogata tramite versamento sulle carte postepay dei lavoratori, di entità palesemente difforme dalla paga (lorda) di 7,38 euro prevista per gli operai florovivaisti di livello otto e di 8,29 euro per quelli di livello sette.