E’ andato in diretta live, oggi pomeriggio sul canale Linkedin, il webinar “Ortofrutta: come si diventa premium price” voluto da myfruit.it per analizzare, insieme agli ospiti, le richieste del mondo retail per entrare nel segmento più ambito del reparto e per esaminare i casi di successo nel settore ortofrutticolo.
Numerosi gli spunti di riflessione, a cominciare da due: qual è la definizione di premium price e quali sono gli errori da non commettere?
La definizione di premium
E’ stato Gregorio Martelli, direttore acquisti di Magazzini Gabrielli, a dare una definizione: “Il prodotto premium definisce la forchetta del valore, perché determina la differenza tra prodotto entry level e alto di gamma – ha argomentato – Questi prodotti non hanno quasi mai la capacità di fare grandi volumi, ma sono in grado di valorizzare l’intera filiera”.
“Ho una personale ossessione per la qualità riconoscibile – ha aggiunto Claudio Mazzini, responsabile commerciale freschissimi di Coop Italia – Un prodotto, o una varietà, per essere premium price, deve essere davvero diverso, deve essere memorabile, dunque facilmente ricordato per il gusto, il sapore. Si tratta di un pre-requisito”.
Gli errori da evitare
A declinare, una a una, le cose da fare e quelle da non fare, se si ambisce a essere premium price, è stato ancora Mazzini.
“Non svendere, lavorare con esclusive, rinunciare a produrre/vendere se non ci sono le condizioni al contorno, evitare l’abnorme innovazione varietale che dà vita a prodotti non eccellenti sono i passi da compiere – ha riferito – Sul proliferare di nuove varietà, ricordo quanto sta accadendo nel segmento delle mele, sempre più affollato. Passerà del tempo prima che il consumatore possa comprendere le differenze tra una mela e l’altra”.
“Per fare prodotti premium che non siano solo esercizi di stile, ma che arrivino al consumatore – ha spiegato Salvo Garipoli, direttore di Sg Marketing – a mio avviso ci sono due responsabilità. La prima è di chi produce, ossia di colui che deve vigilare sull’effettiva innovazione varietale, sulle caratteristiche distintive e sulla gestione dei processi, perché essere un bravo produttore non basta, serve puntare sulla logistica, sulle relazioni con il cliente, serve contribuire a far evolvere il tessuto produttivo”.
La seconda responsabilità, secondo l’esperto, è di chi distribuisce: “La Gdo, e più in generale i luoghi di vendita – ha puntualizzato – devono individuare spazi e percorsi che permettano al consumatore di intercettare il segmento premium. “.
“La gestione del reparto – ha concordato Daniele Furlani, direttore acquisti freschissimi di Conad – è un punto cruciale, perché rischia di vanificare gli sforzi fatti in produzione e logistica. E’ facile trovare in vendita prodotti premium che però non sono valorizzati dal reparto”.
Relazioni stabili e durature
Un altro tassello fondamentale, per Furlani, è il rapporto con i fornitori. “Per noi non si tratta mai di rapporti occasionali, ma di relazioni stabili e durature – ha riferito – La continuità del rapporto permette la pianificazione il che, soprattutto in momenti tesi come quelli che stiamo vivendo, è strategico”.
“Per le insegne, riconoscere al produttore il giusto – ha poi evidenziato – non è solo un comportamento etico e doveroso, ma è anche un elemento per raggiungere l’obiettivo”.
“Fare premium è difficile, ma possibile, soprattutto è necessario – ha riassunto Garipoli – Ma non si riesce a fare nulla di concreto se non si attivano le leve della collaborazione tra produttori e retail”.
L’esempio del Camone e il lavoro di Conad
A raccontare il successo di un prodotto riconosciuto come premium è stata Elena Secchi, marketing operation lead di Syngenta Italia, che ha illustrato il caso del pomodoro Camone, quello vero.
“Si tratta di un pomodoro che ha avuto un successo commerciale enorme. Successo che però ha portato alla comparsa di prodotti simili. Abbiamo dunque provveduto a innovare il prodotto sotto diversi aspetti”.
Oltre all’innovazione varietale, è stato affiancato un progetto di innovazione nel rapporto di filiera, nella comunicazione, nel marketing. “Un sistema di informazione e formazione per l’intera filiera si è reso indispensabile al fine di rendere il prodotto riconoscibile – ha sottolineato Secchi – Un processo, quello dell’innovazione e della riconoscibilità che sta proseguendo, tanto che a breve avremo anche grandi novità sul packaging”.
Al lavoro sullo sviluppo di un prodotto premium anche Conad. “Da tre anni stiamo sviluppando un pomodoro a grappolo che sia sapido e che sia soprattutto buono – ha detto Furlani – Miriamo a raggiungere questo obiettivo nel tempo, senza fretta. La Gdo ha fatto qualche danno per preservare la shelf-life e l’estetica dei prodotti ortofrutticoli, con questo progetto abbiamo fatto un percorso di auto-analisi”.
Bio, Igp e Dop sono premium?
Infine, i relatori si sono confrontati sui prodotti Dop, Igp e bio: sono, a prescindere, premium price? “Il calo delle vendite a cui stiamo assistendo farebbe pensare il contrario – ha concluso Mazzini – Anche per questi prodotti bontà, sapore e gusto dovrebbero essere dei pre-requisiti, invece sono diverse le referenze a denominazione di origine o biologiche, soprattutto nel reparto ortofrutta, che continuano a esprimere poca qualità”.