D’ora in poi il mondo del bio, dopo le conquiste degli ultimi 10 anni, deve guardare oltre e affrontare scenari e tematiche ancora più decisive. È questo il messaggio che ieri a Milano, durante la presentazione alla stampa della nuova edizione di BioFach (Normimberga|12-15 febbraio 2014), gli organizzatori hanno voluto lanciare. Organic 3.0 sarà quindi il tema centrale del prossimo salone internazionale del biologico, il più completo al mondo, elaborato e realizzato dall’IFOAM (International Federation of Organic Agricolture Movements) che è anche l’ente patrocinatore del salone, insieme a BÖLW (Bund Ökologische Lebensmittelwirtschaft), vale a dire l’Unione tedesca degli operatori economici del settore ecologico alimentare e NürnbergMesse.
Ma cosa si intende esattamente per Organic 3.0? Come hanno chiarito Barbara Böck, addetta alle pubbliche relazioni della Fiera di Norimberga, e Udo Funke, direttore di BioFach e Vivaness (il salone internazionale della Cosmesi Naturale che si terrà durante gli stessi giorni e nella stessa area espositiva), si tratta di fare un passo in avanti ancorando: «ancora di più i produttori del biologico nella società civile, nella politica e nell’economia».
Se, quindi, secondo gli organizzatori, i pionieri del bio hanno posto le fondamenta (Organic 1.0) e in seguito si è passati alla realizzazione pratica attraverso standard e marchi privati riconosciuti per legge (Organic 2.0) che hanno consentito al bio di radicarsi in 160 pesi nel mondo, ora i protagonisti di questo mondo devono essere in grado di affrontare altri temi.
A partire dall’accesso alle risorse da parte delle famiglie contadine a terreni, acqua, sementi, conoscenze, capitale e reddito. C’è poi il nodo dell’impatto ambientale e della sostenibilità: «Propugniamo la sostenibilità delle imprese familiari contadine e intendiamo fronteggiare così le sfide globali dei nostri tempi – sostiene Markus Arbenz, amministratore delegato dell’IFOAM – prime fra tutte la povertà, la fame, la perdita di biodiversità e il mutamento del clima». Infine, il concetto di trasparenza, per differenziarsi in modo netto dal cosiddetto greenwashing, cioè l’appropriazione indebita da parte di industrie e organizzazioni delle tematiche ambientaliste per distogliere l’attenzione dei consumatori dalle proprie responsabilità nei confronti degli impatti negativi sull’ambiente: «L’autenticità richiede spiegazioni fondate ma anche filiere di produzione cristalline. Noi intendiamo affrontare queste ed altre questioni come, ad esempio, la trasparenza dei prezzi e l’equità dei sistemi».