Dalla cultura giornalistica alla coltura del ficodindia. E’ la traiettoria professionale di Vito Fiori che dopo la carriera professionale nel quotidiano l’Unione Sarda e il traguardo della pensione ha investito sul ficodindia. Nella società Morisca. E con stupore ha scoperto che il suo impianto “con i suoi quattro ettari è il più grande in Sardegna“. Una storia che conferma come uno dei simboli del paesaggio agrario sardo non vede imprenditori in campo e la poca produzione ha uno sbocco commerciale minimo. Un’economia sommersa è relegata soprattutto a vendite, spesso scambi, di quartiere anche se recentemente cresce la vendita organizzata in spacci aziendali e durante fiere e sagre.
Trovare sbocchi in Gallura
Il piano di Vito Fiori è puntare sui mercati più ricchi. “Probabilmente il settore del ficodindia non è mai decollato in Sardegna anche perchè percepito poco remunerativo e infatti non viene pagato come si dovrebbe. Il mio piano si basa sugli sbocchi commerciali in Gallura, nell’area nord orientale dell’isola dove c’è un turismo ricco. Ho avuto dei primi contatti con operatori ortofrutticoli”.
Fresco e trasformato in sapa
Ha le idee chiare Vito che ha avviato la produzione tre anni fa nei terreni tra Villasor e San Sperate, siamo nel campidano di Cagliari, e ha pensato di dividere così la produzione: “Impostare il 40/50 % sul fresco e poi puntare sulla trasformazione e ottenere la sapa. Un condimento richiesto nella produzione di dolci sardi, ma non solo. E si può esportare oltre i confini della Sardegna”. I tempi? “Sarebbe buono anticipare la campagna a inizio luglio per servire il mercato turistico durante quel mese”. Non sprecare un’opportunità.
Un frutto ricco di proprietà benefiche
Vito non ha esperienza diretta in agricoltura, ma ha passione e voglia di fare scientifica. Ha studiato la materia. “La parte operativa è svolta da un agricoltore di San Sperate con cui condivido questa esperienza. La mia scommessa in questo gioco spinoso è iniziata a settembre con la pensione, ma avevo già cominciato prima con recinzione, impianto idrico e le prime pale: sono 1180″.
Le prospettive? “Vedo tutte le difficoltà dei piccoli produttori che non riescono a farsi pagare bene. Serve aggregazione anche perchè il prodotto ha forti potenzialità. C’è una tendenza verso l’alimentazione sana e il ficodindia è ricco di proprietà benefiche e salutari. Richiede poca acqua e si possono valorizzare anche le pale e non solo i frutti“. C’è da impegnarsi come i cugini siciliani che riescono a vendere il prodotto, di buona qualità e ben confezionato, in tutta Italia. Senza dimenticate le applicazioni da economia circolare con l’impiego di più parti della pianta. E si sta muovendo qualcosa anche in Puglia con un grosso investimento. La Sardegna non può mancare.