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Perché Ferrero ha deciso di investire in Italia

nocciola

Dopo l’annuncio, dato nei giorni scorsi da parte di Ferrero, riguardo all’avvio del “Progetto Nocciola Italia”, si sono susseguiti sulla stampa diversi interventi che spiegano più nei dettagli questa grande iniziativa da parte del colosso di Alba. Come è noto, il progetto prevede di aumentare la produzione italiana di nocciole, entro il 2025, fino al 30%.

Attraverso il modello di crescita del “Progetto Nocciola Italia” – spiega una nota aziendale – si intendono creare le condizioni per una concreta opportunità di riconversione e valorizzazione di ampie superfici del nostro territorio. Il progetto si articola su alcuni principi cardine: valorizzazione vivaistica, fondamentale per costituire nuovi frutteti con le opportune garanzie fitosanitarie e di futura redditività; qualificazione terreni, per produrre mappe di vocazionalità in accordo con le regioni proprietarie dei dati di base ed individuare così i migliori areali da destinare a questa nuova filiera; tracciabilità e sostenibilità, accordo di filiera, per sostenere il progetto mediante un impegno all’acquisto delle produzioni nel lungo periodo”.

Il quotidiano “Repubblica” ha evidenziato che “l’Italia ha un grande potenziale di sviluppo grazie ad un territorio che, da nord a sud, è particolarmente vocato alla coltivazione di eccellenti varietà di nocciola. Ad oggi in Italia vengono dedicati oltre 70 mila ettari di terreno alla coltura di questo prodotto, con una produzione media di nocciola in guscio di circa 110mila tonnellate/anno (dato medio/anno ultimi 10 anni)”.

Un altro aspetto da non sottovalutare e per cui si spiega questa iniziativa è la crisi delle nocciole in Georgia, dovuta a motivi politici. “Il piccolo Paese – si legge su Vanity Fair – è il terzo produttore maggiore del mondo, dopo Turchia e Italia: lo è diventato nell’ultima decina di anni. Il suo clima rende le nocciole particolarmente dolci, e ne fa, dopo il rame, sono il principale prodotto di esportazione. Anche per questo motivo, da tre anni, come riferisce The Economist, la Georgia ha stretto con l’Unione Europea un trattato, il Dcfta (Deep and Comprehnsive Free Trade Agreement), per velocizzare gli scambi commerciali. Eppure, presto, la situazione potrebbe cambiare, perché anche la Georgia dovrà ufficializzare gli scambi, certificando la provenienza dei propri prodotti, come impongono gli standard europei. Ma il 10% della produzione arriva dall’Abkhazia, che scelse l’indipendenza dalla Georgia e che dal 2008 è sotto il controllo russo. Il commercio delle nocciole è l’unico scambio concesso fra la Georgia e l’Abkhazia, che non hanno altre relazioni diplomatiche. Ma se i coltivatori del Paese – che ha combattuto per l’indipendenza dalla Georgia – dovessero ottenere il certificato georgiano, sarebbero trattati come traditori: una condizione che non rende più possibile continuare la collaborazione. La soluzione ideale sarebbe proseguire i colloqui di pace che purtroppo, però, per adesso sembrano interrotti”.

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