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Pomodoro di Pachino: prezzi all’origine, costi della manodopera e danni di immagine.

L’opinione del Presidente Fortunato a un anno di distanza dalla querela alla Rai

Il nodo dei prezzi all’origine è uno dei temi che, secondo Sebastiano Fortunato, presidente del Consorzio di Tutela IGP Pomodoro di Pachino, è all’origine della attuale mancanza di competitività da parte del piccolo gioiello rosso siciliano nei confronti dei prodotti del nord Africa: “Noi abbiamo un costo di 1,50 euro al kilo, contro 0,50 euro dei pomodori di Marocco e Tunisia”. Non solo, anche il costo del lavoro è decisamente diverso: “Qui da noi la manodopera incide per il 55% sul costo generale di produzione, da quelle parti forse il 5/6%”. Se nel comparto siciliano del pomodoro di Pachino, ma il discorso è possibile estenderlo anche a molti altri settori dell’agricoltura in generale, una giornata di lavoro costa mediamente 70 euro, in nord’Africa tra i 5 e 6 euro.

“A questo deve aggiungere il danno di immagine ed economico che arrivò dopo le dichiarazioni di Di Pietro e Costanzo”. Il Presidente Fortunato si riferisce alle accuse lanciate a febbraio dell’anno scorso, durante la trasmissione “Bontà loro” in onda su Raiuno  e condotta da Maurizio Costanzo, da parte del giornalista Alessandro Di Pietro che invitò a boicottare i pomodori di Pachino poiché la filiera sarebbe controllata dalla mafia: “Ha fatto crollare il mercato sin dal giorno seguente, abbiamo perso moltissimi contratti all’estero, per esempio in Germania”. La vicenda, dopo la querela per calunnia e diffamazione da parte del Consorzio alla Rai, si potrebbe concludere proprio a settembre di quest’anno, quando i rappresentanti del piccolo pomodoro siciliano sapranno se verranno risarciti per quello che sostengono essere stato un vero e proprio attacco mediatico all’economia di un intero distretto.

Fonte foto: Corriere del Mezzogiorno

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