Bergamo cresce, anche Padova, Verona tiene. Non sembra invece rosea la situazione dell’Ortomercato di Brescia che dai 1.420 milioni di quintali di merce commercializzata nel 2006 è sceso ai 980mila del 2013. Il Corriere della Sera, nelle pagine locali di Brescia, dedica un approfondimento alla situazione del mercato all’ingrosso della città e a quella che viene definita una vera e propria emorragia di grossisti di frutta e verdura.
Tra i motivi certamente l’attuale crisi, ma secondo Olivero Gregorelli, presidente del sindacato grossisti ortofrutticoli i motivi sono soprattutto altri: l’affitto da 540mila euro l’anno pagato al Comune (proprietario dell’immobile e socio di maggioranza del Consorzio Brescia Mercati), una cifra decisamente superiore rispetto a Bergamo (80mila euro) o Padova (17mila euro). E poi la Tari, vale a dire la tassa sui rifiuti, che per l’ortomercato di Brescia ammonta a 20,87 euro al metro quadro, anche questa volta molto superiore agli altri. A tutto ciò bisogna poi aggiungere «l’assenza di servizi innovativi, elevati costi di movimentazione delle merci, dei servizi logistici e una manutenzione carente dell’immobile si può facilmente capire come mai siamo diventati così poco concorrenziali e la conseguente moria di aziende» afferma Gregorelli.
Le aziende all’interno, infatti, sono passate dalle 46 del 2009 alle 21 attuali con una perdita di 300 posti di lavoro e il rischio di perderne altrettanti. Come uscirne? Secondo Carlo Massoletti, presidente Confcommercio serve una nuovo modello gestionale, la ridefinizione della governance del Consorzio e un piano di marketing innovativo. Ora la palla passa all’amministrazione comunale.