«Le caratteristiche pomologiche come colore, consistenza, polpa e contenuto organolettico cambiano, così i frutti sono diversi rispetto al passato». Questa l’opinione del professor Elvio Bellino, docente a riposo di coltivazione arborea dell’Università di Firenze e accademico emerito dell’Accademia dei Gergofili.
Intervistato da QN Il Resto del Carlino in merito ai cambiamenti climatici oramai molto frequenti, che rendono annualmente difficili molte coltivazioni o avare in quantità – piccoli frutti in genere, funghi o castagne diventano sempre più rare -, il professore punta il dito proprio contro l’eccessiva e costante variabilità del clima degli ultimi anni: «il clima che avevamo 20-30 anni fa era stabile da alcuni secoli, quindi le piante si erano adattate e l’uomo aveva organizzato le proprie coltivazioni di conseguenza».
Se l’utilizzo delle serre, nel caso delle piante annuali ed erbacee, più piccole e con una vita più breve, consente di intervenire su temperatura e dosi di acqua, tutto diventa più difficile con gli alberi da frutto: «Si è invece impotenti sulla vegetazione perenne arborea. Penso ad alberi come i castagni». E, in effetti, il frutto simbolo dell’autunno risente in modo importante dei cambiamenti climatici offrendo quantitativi sempre meno sufficienti a soddisfare la domanda del mercato.
Cosa deve fare il comparto agricolo? Secondo Bellino bisogna guidare lo sviluppo naturale delle piante, intensificare la ricerca, anche quella genetica, e: «coltivare specie diverse, un tempo tipiche di altre zone del pianeta».
Fonte foto: daily.wired.it