Non ci sono né vinti né sconfitti, ma sicuramente c’è chi sta meglio, anzi, chi va a gonfie vele e chi invece fa decisamente più fatica. La fotografia emersa dalla presentazione dell’Osservatorio GDO di Mediobanca ha certificato la presenza in Italia di due comparti, Discount e Distribuzione Organizzata, che macinano vendite e utili sicuramente più del mondo cooperativo, ma soprattutto più della Grande Distribuzione, che avendo al suo interno un numero maggiore di ipermercati, una vera zavorra in questo momento, vede le sue performance scendere. E nella prima delle due tavole rotonde della prima edizione del GDO Annual Talk sono stati proprio tra attori di questo mondo a prendere la parola e illustrare cosa sta succedendo all’interno della loro organizzazioni.
Patrizio Podini (MD): «Continueremo a crescere»
«I dati sono frutto di grandissimo lavoro» ha commentato il cavalier Patrizio Podini. E MD è sicuramente uno dei player che meglio emerge dalla fotografia di Mediobanca, insieme ad un po’ tutto il comparto discount che macina fatturati e utili con continuità. Così come le aperture, d’altronde, che vedono protagonista anche MD. Ma sarà possibile ancora per molto continuare a tenere queste performance? «Noi nel 2019 aprire altri 40 punti vendita, così come faranno gli altri, quindi anche noi vogliamo essere della partita» ha risposto senza tentennamenti Podini. Anzi: «Io credo che in 10 anni la quota dei discount passerà al 27/28%» ha ribadito il patron altoatesino, lanciando una sfida a tutto il settore, considerando che in questo momento l’universo discount vale il 15,6% del totale delle vendite della Gdo. «A parità di perimetro cresciamo del 10% e noi pensiamo di continuare questo trend fino al 2021». Investire, ma con con razionalità, questa la ricetta secondo Podini che ha definito la sua azienda “padronale”, ma al tempo stesso con una forte impronta manageriale e un cambio generazionale già all’opera con i suoi due figli.
Giorgio Santambrogio: «La DO? È una eterogeneità omogenea»
«La DO è sempre stata vista come il figlio di un Dio minore. Io invece dico, con molta consapevolezza, che il modello migliore è quello della distribuzione associata». Tocca a Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del gruppo più storico e antico della distribuzione moderna in Italia, VéGé, illustrare i motivi del successo di un comparto ed una formula, quella dell’associazionismo tra insegne sparse su tutto il territorio nazionale e con logiche e dimensioni completamente differenti, che negli ultimi 5 anni hanno visto crescere del 5,6% il fatturato e del 9,2, nel 2017, la redditività. «La DO ha una eterogeneità omogenea» ha continuato Santambrogio. «Lascia la libertà alla imprese associate di essere delle mini GD di territorio, con capacità decisionali istantanee, dall’altro ha un headquarter che da valore e formazione». Una ricetta evidentemente vincente quella di VéGé che nel 2017 ha visto crescere del 9,8% e un Roi del 11,7%. Come si fa a far funzionare 29 imprenditori differenti tra loro? “Un po’ si impazzisce. Ma qui c’è l’abilità dell’headquarter di fare sistema e dare valore aggiunto facendo sentire liberi gli associati. Questa è la bellezza della DO».
Maniele Tasca: «resisterà chi è più distintivo»
Un altro gruppo che di aggregazione ne sa qualcosa è certamente Selex, che riunisce sotto lo stesso cappello realtà molto differenti e con dislocazioni territoriali altrettanto disomogenee e che quindi sa cosa significa fare sistema e aggregare. «Conta l’efficacia commerciale che dipende dall’insegna presente nel territorio. Conta l’equilibrio complessivo del conto economico. Se l’incidenza del personale è del 16% per avere fatturati al metro quadro elevati, allora non va bene» ha spiegato il direttore generale Maniele Tasca. «Stiamo vivendo una fase dei consumi particolare, in calo a causa anche della deflazione. Noi stiamo investendo molto per rinnovare la rete. In questo ragionamento la formula distributiva deve essere economica. Ci sono modelli gestionali commerciali e di conto economico completamente differenti. Il successo, all’interno di un sistema saturo come il nostro, è la capacità del punto vendita di essere distintivo, interessante per i clienti, che devono essere contenti di venire a trovarti. In futuro vincerà questo aspetto».