Come prevedibile, la polemica protagonista delle pagine di tutti i quotidiani e delle trasmissioni televisive in questi giorni, vale a dire la proposta del Governo di regolamentare l’apertura domenicale della grande distribuzione (e del retail in generale), ha fatto capolino anche durante la conferenza stampa che Carrefour ha tenuto in concomitanza della terza edizione del suo Salone milanese.
E così, alla fine della presentazione dove il colosso francese ha mostrato la sua “transizione alimentare”, le domande in realtà si sono concentrate soprattutto soprattutto su questo tema che divide consumatori e opinione pubblica. Non la grande distribuzione che, al netto di qualche posizione differente circa il numero delle festività nelle quali tenere chiuso, è sostanzialmente unita (tranne Eurospin).
“Noi abbiamo clienti che vengono sia la domenica che la notte” ha risposto Stéphane Coum, amministratore delegato Italia di Carrefour, insegna che per prima nel nostro paese ha addirittura sperimentato il format di apertura perenne, h24 e 365 giorni all’anno. “Ci sono persone che lavorano durante la settimana e vogliono avere tempo di fare la spesa la domenica, non è solo la Gdo che vuole aprire la domenica, è una risposta ad una domanda esistente. Noi apriamo la domenica in molti paesi nel mondo, dove, ad esempio, lavorano molti studenti che sono riusciti a pagarsi gli studi in questo modo”.
Daniele Tirelli, professore di economia allo IULM di Milano e presidente del Retail Institute Italy di Milano, nonché fresco di nomina all’interno dell’advisory board presentato da Carrefour, non ha certo lesinato critiche alla proposta del Governo, definita frutto di “una ventata di pura follia”. Il motivo? “Queste proposte non si basano mai sui numeri. Il nostro calendario prevede 64 giorni festivi in tutto, il 18% di un anno. Il 18% di monte ore in meno sarà automaticamente fonte di licenziamento e l’impatto in termini di reddito sarà notevole”.
“Esiste un fattore – ha continuato il professore – che si chiama “economia dell’attenzione“: se devo comprare dell’arredamento o un abito da sposa o delle piastrelle, ho bisogno di tempo. L’attività di acquisto necessita di tempo e la domenica è perfetta, oppure dobbiamo tornare indietro nel tempo per agevolare logiche corporativistiche?”. Secondo Tirelli, inoltre, la maggior parte dei consumi della classe media della nostra società è sostanzialmente d’impulso: “Se io non compro il giornale oggi non ne compro due domani, se io non mangio la pizza oggi, domani non ne mangio due. Sono tutte vendite perse”.
Ma, considerando tutte le attività aperte la domenica, non solo la grande distribuzione, quale sarebbe l’impatto sull’occupazione con la loro chiusura domenicale? «Se chiudessimo tutte le domeniche ci sarebbero 500mila posti di lavoro in meno, se chiudessimo una domenica su quattro sarebbe il caos».