Quale futuro per il fresco?

Costi elevati, sprechi e inquinamento: la Gdo in futuro dovrà rivedere le proprie strategie?

La supply chain mondiale di approvvigionamento dei freschi sta facendo pagare un costo ambientale e sociale molto difficile da sostenere in futuro. Consumi energetici, di acqua, sprechi, tensioni legate alla mancanza di materia prima dipingono uno scenario nel quale il trend di crescita del consumo di freschi subirà un ridimensionamento. È  questo il parere di Marta Bellingeri, direttore commerciale food Italia di Impress, uno dei più importanti player mondiali sul mercato degli imballaggi metallici, con 1,8 miliardi di euro di fatturato e 56 impianti di produzione. Una dichiarazione che suona a metà tra la provocazione e la profezia. “Oggi – spiega – i consumatori preferiscono il fresco, ma cos’è veramente fresco? È più fresco il pomodoro maturo lavorato e inscatolato a 8-10 ore dalla raccolta oppure quello raccolto verde che finisce sulla tavola 8-10 giorni dopo la raccolta? Tra l’altro mantenere la catena del freddo si sta rivelando un problema, basti pensare che anche big della distribuzione come Tesco ammettono che la larga parte delle loro emissioni viene dai frigoriferi. La società civile non tollererà in futuro questo, non so se ci sarà la tecnologia disponibile in tempi rapidi per abbattere queste dispersioni, con costi accettabili e senza ripercussioni per il pianeta”. Il dibattito è aperto…

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